Corriere della Sera

«Papà e mamma morti nella strage di Rigopiano Lotto da cinque anni per seppellirl­i insieme»

La figlia Federica: i loculi promessi mai consegnati

- di Giusi Fasano

«Mia madre e mio padre erano legati da un amore profondo. Non so nemmeno spiegarle il dolore che ho provato quando ho dovuto spostare la bara di lei da un’altra parte, né saprei descriverl­e la rabbia che provo adesso nel saperli separati. Sono morti quel pomeriggio a Rigopiano ma dopo quasi cinque anni la verità è che ancora non riposano in pace, e io trovo che questo sia sempliceme­nte vergognoso».

Federica Di Pietro va dritta al punto. Torna con la memoria a fine gennaio del 2017 quando si presentò in Comune con sua sorella per comprare gli spazi in cui i suoi genitori avrebbero riposato per sempre. Sua madre Barbara, 50 anni, e suo padre Piero, 53, non erano i soli morti del paese (Loreto Aprutino, Pescara). Fra le vittime della valanga che ha spazzato via l’Hotel Rigopiano, c’era anche una coppia di loro amici, salita lassù con il più piccolo dei figli (uno dei bambini che fu poi estratto vivo dalla sala del biliardo). Alle 16.50 di quel 18 gennaio 2017 una massa di neve, sassi, alberi e ghiaccio dalla potenza di 4.000 tir a pieno carico, piombò sull’albergo, lo rase al suolo e lo trascinò a valle assieme alle vite di 29 persone che chiedevano da ore una turbina per pulire la strada e tornare a casa. Sopravviss­ero in 11.

Torniamo alla fine di gennaio di quell’anno, quando Federica e sua sorella si presentano in Comune. Sono passati pochi giorni dal funerale della madre e del padre, seppelliti provvisori­amente in una cappella di famiglia. Anche gli amici dei genitori sono tumulati in una tomba provvisori­a, in quel caso data «in prestito» da un assessore. È il momento di comprare gli spazi che saranno definitivi e Federica sta per farlo quando arriva il sindaco che a nome dell’amministra­zione le dice: non dovete preoccupar­vi di nulla, ci pensiamo noi. «Disse che i loculi ce li avrebbero dati loro», ricorda lei. «Specificò che valeva anche per gli amici di mamma e papà, pure loro residenti a Loreto. “Li mettiamo tutti e quattro vicini, ci sembra giusto ricordare così le nostre vittime”, disse. Io, mia sorella e i tre orfani dell’altra coppia apprezzamm­o quel gesto di gentilezza e di umanità. E da allora in poi abbiamo aspettato una chiamata, un documento, una richiesta di firma. Insomma: qualcosa. E invece questa storia è diventata grottesca e la sola cosa certa, oggi, è che i loculi non ci sono».

Era dall’estate del 2020 che le voci di paese dicevano: «è inutile aspettare, non ve li danno più». «Ma io non ho mai voluto dar retta alle chiacchier­e e non ne ho tenuto conto», racconta Federica. Finché, nell’aprile scorso, sua nonna non finì in ospedale in fin di vita. «Chiamai il sindaco e gli feci presente che se fosse morta avremmo avuto un problema perché nella cappella di famiglia c’erano i miei e quindi non c’era posto. È ora che ci diate quei benedetti loculi, chiesi. E lì capii...». Bandi di cui gli orfani non avevano mai saputo nulla; regolament­i cimiterial­i non modificabi­li; ipotesi non realizzate di delibere speciali e giustifica­zioni di spesa non più possibili... Federica e sua sorella hanno ricostruit­o il puzzle dei passaggi mancati che da quasi cinque anni le tiene ferme alla casella di partenza. Anzi, peggio. Perché nel frattempo a giugno la nonna è morta ed è stato necessario «sfrattare» la madre con un permesso straordina­rio nella calura dell’estate («ho comprato di corsa uno spazio che non potrà essere definitivo per trasferirl­a»).

«Da allora sogno ogni notte mia madre. Ormai ne ho fatto una questione di principio, come si dice. Adesso io quei loculi li pretendo. Io li stavo comprando e non avrei chiesto niente a nessuno. E nemmeno adesso sto elemosinan­do. Ma se tu, amministra­zione, vieni da me e fai una promessa solenne per onorare i tuoi cittadini, poi non puoi tirarti indietro. C’è chi dice che non ce li vogliono più dare da quando noi orfani abbiamo avuto una prima parte di soldi dallo Stato. Se a qualcuno è venuto in mente un pensiero tanto meschino vorrei dirgli anzitutto di vergognars­i. E poi un’altra cosa: non abbiamo vinto un Superenalo­tto, abbiamo perso i pilastri della nostra vita».

Senza pace «Il corpo di mia madre spostato di nuovo a giugno. Da allora la sogno tutte le notti»

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 ?? ?? La famiglia Federica Di Pietro, 34 anni, lavora nello staff del commissari­o Giovanni Legnini per la ricostruzi­one post sisma del Centro Italia. Accanto a lei la madre Barbara, 50 anni, e il padre Piero, 53, vittime della valanga del 18 gennaio 2017 che spazzò via l’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara)
La famiglia Federica Di Pietro, 34 anni, lavora nello staff del commissari­o Giovanni Legnini per la ricostruzi­one post sisma del Centro Italia. Accanto a lei la madre Barbara, 50 anni, e il padre Piero, 53, vittime della valanga del 18 gennaio 2017 che spazzò via l’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara)

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