Corriere della Sera

«Emozioni e cultura così l’Italia riparte»

Lo chef Massimo Bottura nel primo episodio della docuserie Tech.Emotion: sei imprendito­ri-visionari del made in Italy nel mondo

- Siamo tornati a focalizzar­ci Corinna De Cesare © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

È stato nominato Ambasciato­re di Buona Volontà del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. La sua cucina è conosciuta in tutto il mondo, eppure una delle citazioni preferite di Massimo Bottura è di Carlos Castaneda. Anche di Picasso, in realtà, ma forse Castaneda gli è rimasto nel cuore perché era uno per cui «Lo scopo della vita è di imparare». E a smettere di imparare, Bottura, non ci pensa proprio. Icona dell’innovazion­e in uno dei settori più tradiziona­li della società e dell’economia italiane, lo chef pluristell­ato crede che solo con la cultura e le emozioni, l’Italia possa finalmente ripartire, facendosi portavoce di

un’idea di capitalism­o umanistico in cui innovazion­e tecnologic­a ed emozioni si fondono per sviluppare il massimo del potenziale umano.

Come racconta nel primo episodio della docuserie Tech.Emotion – Empower Human Potential, realizzata da Emotion Network in collaboraz­ione con Facebook e coprodotta da Lotus Production: sei puntate in onda su Sky Arte e Sky TG24 da lunedì prossimo con protagonis­ti leader internazio­nali, imprendito­ri italiani e visionari che portano il nostro Paese e il made in Italy nel mondo. Come fa da anni con la sua cucina Bottura e l’Osteria Francescan­a. «Certo, siamo il Paese dell’arte e delle meraviglie ma forse non tutti sanno che il primo motivo per cui la gente viene in Italia è il cibo – racconta – scoprire questo Paese con le Alpi che lo proteggono dal freddo del Nord, pieno di biodiversi­tà culturale, un posto unico al mondo. Il made in Italy è uno dei più grandi brand a livello globale e dobbiamo preservarl­o, guardare al nostro passato in maniera critica, mai nostalgica. E poi dobbiamo trasferire le nostre emozioni, anche attraverso l’esperienza delle persone che hanno visione».

Come farlo, dopo questi due anni difficili?

«Abbiamo un innato senso del bello e dell’estetica che è parte del nostro dna. Questa pandemia ha lasciato molte ferite, ma ci ha regalato il tempo da investire nel nostro futuro. Personalme­nte ho dedicato tanto alla mia squadra che è il mio futuro e per costruire il futuro bisogna conoscere il proprio passato. Ed ecco il nuovo menu dedicato alla rivisitazi­one poetica di piatti iconici della gastronomi­a italiana dagli anni ‘50 a fine secolo. Noi probabilme­nte non crediamo abbastanza nel nostro passato perché l’Italia attraversa una forte crisi identitari­a, ma superata la nebbia, tutti si re innamorera­nno del Paese dei mille campanili, della luce dei pittori del Rinascimen­to, delle creazioni uniche della nostra meccanica, ma anche del Parmigiano, dell’Aceto Balsamico, del tartufo d’Alba o dei capperi selvatici di Pantelleri­a salati dal vento e dal mare»

Stiamo ridisegnan­do il modo di concepire la vita? E

che ruolo avrà la tecnologia?

«La tecnologia ci può aiutare com’è successo durante il Covid. Mia figlia Alexia era tornata in Italia dopo 5 anni negli Stati Uniti e ci siamo inventati Kitchen quarantine con il semplice utilizzo di un iphone. Trasmettev­amo la vita in famiglia senza filtri: Charloe e il suo pigiama, Lara che recuperava verdure dall’orto, io che cucinavo pieno di angosce. Quello che ne è uscito è stato un mix di emozioni, famiglia: la vita. E tutto tramite uno smartphone: 79 puntate che ci hanno regalato un Webby award».

su noi stessi e la centralità dell’individuo?

«Rimettere l’uomo al centro, fare una rivoluzion­e umanistica è quello che ci occorre in questo momento. Non siamo più gli stessi oggi, questo è fuori di dubbio. Ma dobbiamo ripartire da noi e dalla nostra cultura. È fondamenta­le. E non dobbiamo mai dare niente per scontato anche come Paese. Dobbiamo riaprire le porte, riscoprire il valore dell’ospitalità, la qualità ddlle idee, chi siamo e cosa sappiamo fare. L’abbiamo dimostrato tante volte nei secoli, abbiamo trasferito bellezza da una generazion­e all’altra. Ora siamo come l’uomo davanti al fuoco: dobbiamo proteggerl­o, non perdere la nostra creatività, valorizzar­e il nostro Paese e ristorare».

Come fa la cucina.

«Alla Francescan­a concentro le mie passioni in bocconi masticabil­i ma soprattutt­o ristoro l’anima delle persone. Quando ero giovane dicevo a mio padre: vedrai che porterò a Modena le 3 stelle Michelin. Lui mi voleva avvocato e mia madre diceva: “lascia che canalizzi le sue energie dove meglio crede”. E fare il cuoco negli anni ’80 non era come farlo adesso. Era fare il cuoco e basta. Oggi sono dove sono, ma il segreto del mio successo, come diceva qualcuno, è 90% duro lavoro, 10% talento. Oggi, insieme, come sistema Paese dovremmo fare lo stesso. Intuizioni ma soprattutt­o lavoro. Con la cultura, l’arte, il design, l’architettu­ra, l’ospitalità. Con Casa Maria Luigia ho riconverti­to un’azienda agricola del 1700 e l’ho fatta diventare un luogo di ospitalità dove sentirsi bene, ascoltare buona musica, avere il frigo pieno di lambrusco e parmigiano. E l’abbiamo fatto cercando di lasciare andare le cose, di capirne l’essenza, carpirne il segreto per poi cavalcarle, come un surfista cavalca le onde. Perché questa è l’Italia, è casa con una potenziali­tà emozionale unica al mondo».

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Cucina Massimo Bottura e il team di Emotion Network che insieme a Facebook ha realizzato le prime sei puntate

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