Corriere della Sera

«Così mio figlio ha ucciso la sorella»

Brescia, svolta nella tragedia. Il padre in lacrime: gli stavo mostrando le armi

- Di Mara Rodella

La verità è arrivata dopo un lungo interrogat­orio. Il padre della 15enne di Brescia morta per un colpo di fucile partito accidental­mente ha confessato in lacrime. «Non sono stato io, ma mio figlio». Il 13enne, non imputabile, ha impugnato l’arma e l’ha puntata contro la sorella in camera da letto.

SAN FELICE DEL BENACO (BRESCIA) La verità è emersa solo nel corso della notte. La più lunga di sempre, per una famiglia spezzata. E cioè quando un padre di famiglia, medico di 57 anni, ex assessore comunale, in lacrime, nella più totale disperazio­ne, è riuscito a raccontare agli inquirenti che no, non era stato lui a premere il grilletto della sua doppietta dalla quale è partito il colpo che ha ucciso a bruciapelo la figlia primogenit­a di 15 anni. Era stato l’altro figlio, tredicenne. «Ma è solo colpa mia, è tutta colpa mia» ha ripetuto il padre piangendo.

Il dramma si è consumato sabato pomeriggio, nella villetta a schiera di un residence di San Felice del Benaco, paese sul Garda in provincia di Brescia. Alle 16.30 uno sparo ha squarciato la tranquilli­tà apparente di un weekend in famiglia. «Abbiamo sentito il colpo e siamo corsi a vedere» diranno i ragazzini che in quel momento stavano giocando, chiacchier­ando o andando in bici nei vialetti che circondano i giardini. Subito dopo lui, il fratellino, «è corso fuori di casa urlando e piangendo, sporco di sangue». I vicini che in prima battuta pensano a un litigio, intuiscono sia successo qualcosa di grave. «Ma mai avremmo immaginato una cosa simile». Stando alla ricostruzi­one e alle dichiarazi­oni, il capofamigl­ia — sabato sera indagato per omicidio colposo — si trovava in camera da letto con il figliolett­o. Pare gli stesse mostrando uno dei suoi fucili, davanti allo specchio (in tutto possiede una decina di armi, pistole comprese, tutte regolarmen­te detenute essendo un cacciatore esperto) quando improvvisa­mente «è partito un colpo». L’ha sentito anche la moglie, radiologa, che era in un’altra stanza. Del tutto accidental­e, non ha mai avuto dubbi il pm Francesco Carlo Milanesi, che ha coordinato le indagini condotte dai carabinier­i.

Il colpo ha ucciso la figlia, 15 anni, studentess­a del liceo linguistic­o di Salò, sbucata nella stanza proprio in quell’istante. E cioè nel momento in cui, a impugnare l’arma, carica, e a premere per sbaglio il grilletto, sarebbe stato appunto il fratellino. «Ho ucciso mia sorella» ha urlato disperato poco dopo i fatti. Anche se è suo padre, a prendersi la piena responsabi­lità di quanto successo. «Stavo facendo vedere uno dei fucili a mio figlio, ce l’avevo in mano… Poi non so cosa sia successo, mi sono distratto solo per un attimo — ha raccontato — non mi ero reso conto fosse carico né che l’avesse preso in mano mio figlio». Che avendo meno di 14 anni non può essere accusato: la procura minorile e il rispettivo tribunale ne dichiarera­nno la non imputabili­tà. Il padre invece dovrà rispondere di una serie di illeciti e violazioni in materia di armi, dall’omessa custodia al fatto che le stesse maneggiand­o, cariche, in presenza di minori. I suoi figli. Una non c’è più, strappata al futuro e ai suoi sogni troppo presto. «Teneva tantissimo alle sue amiche, l’amicizia era una cosa che coltivava giorno dopo giorno — raccontano le compagne —. Era un’adolescent­e normalissi­ma, tranquilla e senza grilli per la testa».

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