Corriere della Sera

Dal boom del 1993 al vuoto di oggi Il continuo declino della voglia di seggi

- Giuseppe Alberto Falci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«L’elezione dei sindaci del 1993 è un capitolo di uno dei pezzi della nostra storia repubblica­na più partecipat­o e più sentito» ricorda con un pizzico di nostalgia Mario Segni. In quella primavera del ’93, per la prima volta, i cittadini possono scegliere i loro sindaci. A Milano si sfidano il leghista Marco Formentini e Nando Dalla Chiesa, a Torino Diego Novelli duella con Valentino Castellani e a Catania il match è fra Enzo Bianco e Claudia Fava. La risposta degli elettori è tale che sfiora l’80% di affluenza ovunque. E anche al secondo turno, solitament­e meno partecipat­o del primo, la partecipaz­ione supera il 60%. Dalle urne esce un’Italia rivoluzion­ata, che prova a lasciarsi alle spalle la crisi dei partiti e Tangentopo­li, e si affida ai primi cittadini delle grandi e piccole città. Di lì a poco, a novembre, toccherà a Roma, Napoli, Venezia, Trieste. Nella Capitale si fronteggia­no il verde-radicale Francesco Rutelli e il segretario del Msi, Gianfranco Fini. Si mobilita il 78,7% dei romani in una sfida dal sapore nazionale che ha come effetto l’endorsemen­t di Silvio Berlusconi: «Se fossi romano voterei Fini». E al ballottagg­io l’affluenza sale al 79,9%. Racconta Linda Lanzillott­a, assessora della giunta Rutelli: «Si trattava di una classe dirigente rinnovata che faceva pendant con il governo di Carlo Azeglio Ciampi. E che ovviamente trasmettev­a sicurezza e autorevole­zza ai cittadini». Non a caso Rutelli viene riconferma­to alle elezioni del

16 novembre 1997 con una partecipaz­ione sempre alta (74,1%). E sempre in quella tornata Leoluca Orlando riconquist­a Palazzo delle Aquile con una affluenza che si attesta al 70%. Anche a Milano Gabriele Albertini ottiene la corona di sindaco, mobilitand­o al primo turno il 71,9% dei cittadini e al ballottagg­io il 65,8%. Il dato dell’affluenza risale addirittur­a nel maggio del 2001 quando le Amministra­tive si celebrano in concomitan­za con le Politiche, e la partecipaz­ione raggiunge l’82,3% nel capoluogo lombardo, dove sarà riconferma­to Albertini. O a Roma dove la percentual­e dei votanti non si discosta da quella del ’97 e Walter Veltroni vince contro Antonio Tajani nel giorno in cui il centrodest­ra conquista Palazzo Chigi. Dai nomi degli aspiranti sindaci si comprende anche che le elezioni sono una sorta di trampolino di lancio per la scalata nazionale. Di lì a qualche anno le sfide restano comunque avvincenti — si pensi allo scontro tra Gianni Alemanno e Francesco Rutelli o alla conquista di Milano da parte di Giuliano Pisapia — ma la partecipaz­ione inizia lievemente a calare. Nel 2013 la battaglia fra Ignazio Marino e Alemanno registra un crollo dell’affluenza (52,8%). E al ballottagg­io scende ancora fermandosi al 45,1%. Una fotografia non dissimile da quella del 2016 quando Virginia Raggi e Chiara Appendino conquistan­o Roma e Torino. E la discesa del numero dei votanti continua, non solo nella Capitale ma in tutti i grandi capoluoghi tornati alle urne, come il dato dell’affluenza (anche) ieri dimostra.

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6 giugno ‘93 Il primo voto per l’elezione diretta del sindaco

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