Appello dei confederali: «Il porto va liberato» E a Trieste si arrende Stefano il capopopolo
L’animatore del presidio annuncia lo stop. Poi lo revoca e lascia Cgil, Cisl e Uil: la maggioranza non può essere ostaggio di pochi
TRIESTE «Scusatemi se ho fatto qualche errore, ma non sono ancora un Dio». Nell’attesa che si compia la sua ascesa all’Olimpo, Stefano Puzzer continua a fare una certa confusione. La domenica non gli ha portato consiglio, dopo una notte durante la quale l’ormai ex coordinatore dei lavoratori portuali triestini si è rimangiato in splendida solitudine un comunicato che aveva contribuito a scrivere, nel quale veniva annunciata la fine del presidio davanti all’ormai celebre Varco 4.
Sembrava diventata una commedia, il blocco del porto che non era un blocco. Adesso, dopo una gestione che senza timore di smentita si può definire disastrosa, potrebbe esserci poco da ridere. Perché il movimento no green pass, che poi almeno qui è il movimento no vax sotto mentite spoglie, si è mangiato i portuali triestini. Ieri, giorno festivo e soleggiato, sul piazzale c’erano cinquemila persone, e tra loro al massimo una ventina di lavoratori dello scalo. C’era anche Puzzer, ormai in una dimensione non più operaistica ma quasi messianica. «Mi sono appena dimesso dal ruolo di portavoce del mio sindacato, perché ormai parlo a nome di tutti i portuali di Trieste, di tutti i lavoratori di Trieste e degli italiani che hanno deciso di continuare la lotta».
Già sabato pomeriggio era apparso chiaro il passaggio di consegne. Era stato sancito dall’incontro di Teano, definizione loro, lo hanno detto davvero, tra Enrico Montesano, l’attore romano divenuto in tarda età campione di complottismo, e Puzzer. La spianata del Varco 4 era ormai diventata monopolio della consueta truppa no vax, con buona pace dei portuali, delle loro istanze e della loro storia. Tra una denuncia della «dittatura sanitaria che è il primo passo verso la dittatura economica, sociale e personale» fatta da Luca Teodori, ex candidato sindaco di Roma del Movimento 3V, il partito di riferimento degli antivaccinisti, e le consuete minacce ai giornalisti «servi di Big Pharma», a tutti i promotori della protesta era apparso chiaro che era giunto il momento di tornare e casa. Perché quella, ormai, non era più la loro manifestazione.
«Questa prima battaglia l’abbiamo vinta» recitava il comunicato del coordinamento. Era un modo per farla finita senza vincitori e vinti, che ottemperava alla richiesta giunta dagli stesso portuali del coordinamento. Fateci fare i tamponi, e torniamo a lavorare. Anche la prima parte della frase è importante. Mentre Puzzer e gli altri capi della Clpt hanno sempre sostenuto di essere vaccinati in grande maggioranza e solo contrari al green pass, le cose non stanno proprio così. Trieste ha la più alta incidenza di contagi d’Italia, quattro volte sopra la media, e una delle più basse percentuali di persone vaccinate. Il suo porto non fa eccezione.
Nella tarda serata di sabato, una volta uscito il comunicato, la presunta rivolta di Trieste era finita. Passa poco più di mezz’ora, e Puzzer chiama di persona le agenzie di stampa per dire con voce febbrile che non è vero niente, che quel documento su carta intestata del suo sindacato è una bozza, e la protesta va avanti «più dura di prima». I colleghi di Puzzer sono arrivati a casa senza sapere che lui aveva fatto la smentita di quanto concordato insieme. A loro, e agli altri, la spiegazione della sua marcia indietro è stata la seguente: «Cerca di capire, questi mi staccano la testa». Cos’era successo? Quando hanno visto i portuali che si avviavano verso la strada, i cinquanta militanti no vax che si erano accampati per la notte non l’hanno presa bene e lo hanno circondato. Lui ha piegato la testa, ed ecco la retromarcia.
Appena può, Puzzer fa capire di essere stato minacciato. Ma è difficile ormai trovare un filo logico nelle sue dichiarazioni. Lontano dalle telecamere, indica i leader locali del movimento contro i vaccini, senza aggiungere altro. Quando si accendono le luci, o quando prende il microfono, ripete che «gli amici che sono venuti a trovarci restano fin quando hanno voglia», tanto i lavoratori vanno a lavorare, la nostra protesta sarà pacifica «e il Carnevale continua». Massimo Giurissevich, uno dei leader di quel che resta del Coordinamento, non ha ancora capito bene cosa è successo. «Puzzer ha fatto tutto senza di noi. Siamo rimasti di sasso. I no vax hanno preso il sopravvento, e lui non si è sentito di mollarli. Ha fatto la sua scelta. Comunque, si è dimesso, non parla più a nome nostro».
Ieri al Varco 4 c’era davvero tanta gente, venuta da ogni parte d’Italia, compresa un’ampia delegazione di portuali veneziani intenzionati a bloccare il porto altrui, che Cgil, Cisl e Uil con una nota congiunta chiedono invece di liberare. «La maggioranza non deve essere ostaggio di una minoranza» scrivono i tre sindacati confederali. Ma il coordinamento fa sapere in modo informale di non essere più l’animatore del presidio. Puzzer non conta più nulla e sembra intenzionato a godersi gli ultimi scampoli di fama. Una ragazza del coordinamento no green pass dice «ora comandiamo noi». Ugo Rossi, appena eletto consigliere comunale con la sua lista contro i vaccini, sostiene che il Varco 4 è ormai diventato «come Fort Alamo». Poteva essere soltanto la figuraccia di un piccolo sindacato di base che ha sottovalutato le conseguenze della sua iniziativa. Invece rischia di diventare una faccenda molto più seria.