Boom di nuovi casi. Ma la Gran Bretagna non si ferma
LONDRA Quarantacinquemila nuovi casi di Covid ogni 24 ore negli ultimi giorni, oltre cento vittime quotidiane, migliaia di persone in ospedale: sono cifre che in qualunque altro Paese farebbero gridare all’emergenza e probabilmente scattare un draconiano lockdown. Non in Gran Bretagna: dove quelle notizie non compaiono neppure sui giornali e l’andamento della pandemia è ormai scomparso dall’agenda dei media.
Ciò che preoccupa a Londra in questi giorni è la crisi dei medici di famiglia, che non riescono più a vedere i pazienti di persona a causa degli arretrati accumulati negli ultimi mesi, il che sta causando ingorghi ai pronto soccorso degli ospedali; o il rischio di un Natale di magra, senza regali né tacchino, per il collasso delle reti logistiche. Sono queste le conseguenze del coronavirus di cui si discute: non più il boom dei contagi.
D’altra parte, è l’atteggiamento della gente che va in questa direzione. Dopo che a luglio il governo ha abolito tutte le restrizioni, a Londra da settembre si respira aria di piena normalità: due settimane fa si è tenuto a Manchester il congresso dei conservatori, una bolgia dantesca che ha visto migliaia di persone accalcarsi a eventi affollatissimi e party sudatissimi (e l’unica mascherina visibile era quella che indossava l’ambasciatrice francese); nei giorni scorsi nella capitale si è svolta Frieze, la maggiore manifestazione artistica dell’anno, che è tornata ai suoi fasti di sempre con lo struscio da una galleria all’altra; le ambasciate hanno ripreso a ospitare ambiti cocktail e i club più trendy della capitale si preparano ad allestire fantasmagoriche feste di Halloween dove il distanziamento sociale sarà misurabile in decimi di millimetro; le mascherine sono ovunque diventate un ricordo, ormai solo in metropolitana se ne vedono ancora.
Tutto bene, dunque? Qualche preoccupazione in realtà affiora, di fronte alla curva dei dati in salita. Si teme un inverno in cui il Covid si andrebbe a sommare all’influenza e ad altre patologie respiratorie, fino a portare il sistema sanitario di nuovo sull’orlo del collasso: perché è questa la priorità, garantire l’agibilità della sanità pubblica. Finché non è minacciata seriamente, avanti come se niente fosse.
Certo, esiste il piano B del governo. Se le cose dovessero sfuggire di mano, si è pronti a reintrodurre il distanziamento e le mascherine (ma solo al chiuso, perché qui all’aperto non sono mai state obbligatorie); o perfino a imporre il green pass per discoteche e grandi eventi (ma è una misura che incontrerebbe grandi resistenze in Parlamento, perché è osteggiata da tutto l’arco politico). Nel frattempo, si tengono le dita incrociate. È un rischioso esperimento: convivere col Covid, accettarlo come un fatto endemico.