Greuther, la squadra di Kissinger ha tanta storia ma nessun campione
È il club dell’ex segretario di Stato che nel 2012 era allo stadio per il debutto in Bundesliga
C’è poco da essere diplomatici: con un punto in otto partite, venti gol subiti, cinque realizzati e il peggiore rendimento dei cinque campionati principali, si retrocede senza battere ciglio. Lo sanno bene quelli del Greuther Furth che pure agitano compatti in tribuna le loro bandiere e le sciarpe con il trifoglio verde. Lo sa ancora meglio il loro tifoso più celebre, che ha indossato la maglia della gloriosa squadra di Norimberga da ragazzo e poi è stato costretto dal nazismo a lasciare il calcio e la Germania, per le sue origini ebraiche. Henry Kissinger questa volta non volerà dagli Stati Uniti per vedere una partita di Bundesliga, non solo per la pandemia e perché l’età si avvicina ormai ai cento anni. Ma anche perché il Greuther è una fonte continua di amarezze calcistiche e anche sabato contro il Bochum è riuscito a perdere l’ennesima occasione per fare un altro punto, dopo quello strappato ad agosto all’Arminia Bielefeld.
Nel 2012, nella sua prima partecipazione nella massima serie tedesca, la storica squadra biancoverde era arrivata a quota 21, comunque una miseria, che le valse l’ultimo posto, a 9 punti dalla penultima. Ma almeno allora c’era l’entusiasmo per il debutto tra i grandi, dopo gli anni mitici dei pionieri, quelli ben conosciuti da Kissinger, con tre titoli di Germania conquistati nel 1914, 1926 e 1929. La Bundesliga in fin dei conti è una creatura della guerra fredda (nasce nell’agosto 1963) e a Furth l’hanno raggiunta molto tardi: anche Kissinger nove anni fa si era fatto prendere dall’entusiasmo e aveva voluto a tutti i costi esserci, con la sciarpona d’ordinanza, sulle tribune del mitico Sportpark Ronhof, l’impianto costruito nel 1910, terzo stadio più antico del Paese. Andò male anche quella volta, ma Super K si lasciò comunque andare: «Sogno la vittoria del campionato», aveva detto, senza specificare quando, da ottimo conoscitore del pallone che sapeva bene di averla detta grossa.
Il Greuther è comunque ritornato tra i grandi a spese di squadre come l’Amburgo o l’odiato Norimberga, anche se non è attrezzato per restarci. E a quanto pare nemmeno per fare bella figura, nonostante il campionato tedesco sia a 18 squadre, due in meno rispetto agli altri grandi tornei.
Nemmeno l’usanza del suo vecchio amico Gianni Agnelli potrebbe tornare utile a Kissinger in una situazione del genere: quando l’ex segretario di Stato di Nixon e Ford guardava le partite assieme all’Avvocato, purtroppo per l’ospite eccellente, era d’obbligo andarsene dieci minuti prima, seguendo la scaramanzia e la fretta di Agnelli, anche se in campo c’erano Maradona e Platini e tutto poteva ancora succedere. Una delle partite più note a cui la coppia di amici ha assistito fu proprio Juventus-Napoli del 1988, ma le Roi Michel aveva già smesso
da un po’, in bianconero c’era Sasha Zavarov e Careca segnò una tripletta nel 5-3 per i napoletani: in quell’occasione anche Maradona uscì in anticipo.
L’interesse di Kissinger per il calcio e l’utilizzo della diplomazia del pallone negli affari politici è ampiamente documentato anche dall’archivio del dipartimento di Stato americano: dai colloqui con Breznev a quelli con il ministro degli Esteri di El Salvador che gli illustrò i dettagli della «guerra del football» con i vicini dell’Honduras, fino all’incontro con il leader polacco Gierek: Kissinger sciolse la tensione affermando che su un campo in condizioni meno pietose per la pioggia, la Polonia avrebbe avuto la meglio nello scontro con la Germania Ovest al Mondiale 1974, grazie al suo gioco più fluido. Il suo caro Greuther Feurth invece fa acqua da tutte le parti, anche quando splende il sole.
Ex calciatore
Kissinger giocò nelle giovanili del club prima di lasciare la Germania per sfuggire ai nazisti