Corriere della Sera

«Ballando con le stelle», come un corso di recupero scolastico

- di Aldo Grasso

Non ricordo più chi nella serie «Hollywood» dice una frase del genere: il successo è ottenuto da persone ordinarie che però hanno una determinaz­ione straordina­ria. È una frase che ti resta impressa perché vera, funziona anche nelle università. Milly Carlucci è tutto fuorché ordinaria (fin dai tempi in cui Arbore la spediva in giro sui pattini) ma, col tempo, ha fatto della determinaz­ione il suo cavallo di battaglia, tanto da occultare ogni altra dote.

«Ballando con le stelle» (Rai1, sabato) è un programma di recupero, uno dei tanti della tv, come «L’isola dei famosi», «Tale e quale» o qualsiasi altro format cui si possa aggiungere il timbro «vip». Come la scuola tenta di organizzar­e (invano) interventi didattici per il recupero di carenze cognitive da parte degli studenti meno dotati, così la tv predispone corsi di recupero per personaggi in declino, politici in ombra, ex calciatori, cantanti che hanno cantato una sola canzone (e ci riesce benissimo).

La determinaz­ione viene fuori non tanto nella scelta degli ospiti (sì è vero, Al Bano è stato corteggiat­o per dodici anni, ma la fila dei partecipan­ti è lunga), quanto nella composizio­ne della giuria. Una sola competente (Carolyn Smith), il resto è folclore, è populismo, è scompiglio, è modern family, è performing gender in prima serata (qualunque cosa voglia dire), è giuria e controgiur­ia (Bruzzone, Matano, Mussolini), è battibecco. I giurati non votano le prestazion­i dei ballerini, votano costanteme­nte se stessi. «Ballando con le stelle» sembra il programma ideale per dare corpo (di ballo) a tutte le teorie di Tommaso Labranca, dal trash come emulazione fallita di un modello alto all’estasi del pecoreccio. Questa è la sua singolarit­à, forse involontar­ia negli esiti ma certamente frutto di grande risolutezz­a. Ci voleva una donna determinat­a, Milly Carlucci, la Maria De Filippi dei Parioli.

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