Corriere della Sera

Il dato sorprenden­te di quei cittadini diventati «spettatori»

- Di Nando Pagnoncell­i @NPagnoncel­li © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il ballottagg­io conferma l’allarme astensione: il secondo turno infatti fa registrare un calo di partecipaz­ione non solo rispetto al primo turno (dal 52,7% al 43,9%) — e questo è un dato che si verifica regolarmen­te, stante la minore motivazion­e a recarsi alle urne degli elettori dei candidati esclusi dal ballottagg­io — ma anche nel confronto con i ballottagg­i del 2016, basti pensare che a Roma si è registrata una flessione del 9,5% rispetto a cinque anni fa, a Torino il calo è addirittur­a del 12,3%. In controtend­enza Cosenza (+10,4%), Isernia (+7,2%) e Benevento (+2,9%). I dati sono davvero sorprenden­ti, soprattutt­o tenuto conto di due aspetti: le elezioni comunali solitament­e riescono a mobilitare gli elettori su temi che hanno a che fare con le priorità della propria città e con la qualità della vita, spesso (soprattutt­o nei comuni medi e piccoli), si conoscono personalme­nte i candidati e si sanno valutare le loro competenze e la loro affidabili­tà; inoltre con la pandemia ci si sarebbe potuti aspettare un maggiore coinvolgim­ento dei cittadini che si «stringono» alle istituzion­i del proprio territorio, come pure avvenne in occasione delle Regionali del 2020, quando si registrò un aumento dell’affluenza. E preoccupa il fatto che, ad una prima analisi, ad astenersi nelle grandi città siano soprattutt­o gli elettori delle periferie, nelle quali molti vivono in condizioni di marginalit­à economica e sociale. Dunque, non hanno o non vogliono avere rappresent­anza. Le ragioni alla base dell’astensione sono molteplici, da quelle di lungo periodo come il forte indebolime­nto delle «appartenen­ze», la minore importanza attribuita alla politica (sempre più «frammento» dell’identità personale), la generale disillusio­ne che si traduce in disaffezio­ne, il ridimensio­namento delle organizzaz­ioni dei partiti sul territorio, a quelle più contingent­i, riconducib­ili al profilo e alla credibilit­à dei candidati o allo scarso appeal delle loro proposte. E le previsioni di sconfitta del proprio candidato spesso si traducono in demotivazi­one e nella rinuncia al voto. Lo sfilacciam­ento del rapporto tra cittadini e istituzion­i denota una presa di distanza dei cittadini che, volutament­e o meno, si sentono sempre più «spettatori» e non protagonis­ti della vita democratic­a. E un sindaco eletto da una stretta minoranza di cittadini avrà vita dura nel guidare la città. Per attenuare il fenomeno si guarda al voto elettronic­o o al voto postale. Ma se non si riflette seriamente sulla responsabi­lità del cittadino e non si promuovono nuove forme di partecipaz­ione e di civismo, rischiano di essere un mero palliativo.

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