Corriere della Sera

I contatti tra la Lega e il Pd Ora parte la trattativa sul Colle e sulla data del voto

Legge elettorale, Calderoli cerca Letta (per conto di Salvini)

- Di Francesco Verderami

Nel Partito democratic­o, di fronte alla sconfitta di Lega e Fratelli d’Italia, c’è chi vorrebbe approfitta­rne andando al voto con l’attuale sistema

Porta chiusa

Il segretario dem valuta solo le modifiche dei regolament­i parlamenta­ri

La partita

Molti gli incontri riservati di Di Maio ma per ora i 5 Stelle non sono in partita

ROMA E meno male che di Quirinale si comincerà a parlare «solo da gennaio», come dice Letta. In realtà, siccome la trattativa per il Colle è parte di un pacchetto che comprende anche la legge elettorale e la data del voto, il segretario del Pd è già impegnato nei contatti con le altre forze politiche. Infatti Calderoli l’ha cercato per conto di Salvini, per verificare la disponibil­ità a cambiare il Rosatellum con un sistema proporzion­ale che preveda un premio di maggioranz­a per la coalizione. Ma nel corso delle conversazi­one Letta si è concentrat­o soprattutt­o sulla modifica dei regolament­i parlamenta­ri, per impedire di qui in avanti le ormai tradiziona­li transumanz­e di deputati e senatori. E al termine del colloquio il dirigente leghista ha spiegato a Salvini che «secondo me non se ne farà nulla».

Prima delle Amministra­tive il leader dem aveva dovuto anche respingere le pressioni dei suoi compagni di partito, ai quali aveva chiesto «tempo per pensarci». La netta vittoria di ieri pare l’abbia convinto a non pensarci più. Anche se resta il problema di trovare un’intesa bipartisan su quel «pacchetto» che consegna ai partiti ancora un ruolo, dato che nel governo il ruolo ce l’ha solo il premier. Per quanto, a sentire il renziano Rosato, «se Draghi dovesse formalizza­re la sua candidatur­a al Colle, nessuno avrebbe la forza di opporsi». In tal caso però un pezzo del Pd, da Zingaretti a Bettini, avrebbe in mente una variabile: votare Draghi al Quirinale e spingere per cercare di andare subito dopo alle elezioni, prendendo d’infilata gli avversari.

In effetti le urne consegnano un centrodest­ra privo al momento di guida e di linea politica, logorato da una competizio­ne per la leadership tra Salvini e Meloni, che invece di indicare un vincitore è finita con due sconfitti. Il caos emerge dall’urgenza con la quale ieri la leader di FdI ha chiesto un vertice della coalizione, ammettendo che tra alleati ci sono «posizioni diverse». Ecco perché persino esponenti della segreteria dem accarezzan­o (e non da oggi) l’idea di approfitta­rne, sfruttando l’attuale sistema di voto che — secondo i loro calcoli — permettere­bbe di conquistar­e dei collegi al Nord, e grazie ai grillini buona parte di quelli al Sud. Conte sarebbe stuzzicato dalla prospettiv­a. Tanto che, dinnanzi alle richieste di quanti nel Movimento chiedono il proporzion­ale, l’ex premier ha fatto il pesce in barile: «Anche a me piacerebbe, ma non vorrei rompere con Letta...».

Ieri il segretario del Pd ha formalment­e scartato l’ipotesi del voto anticipato, citandola. Un’abile mossa, funzionale intanto a tenere uniti i gruppi parlamenta­ri, dove c’è chi esorcizza l’eventualit­à delle urne, avvisando che «sarebbe il Papeete di Enrico». Se «Enrico» frena è anche per un altro motivo: vuole provare ad allargare il campo del centrosini­stra, strappando agli avversari i centristi tendenza Letta (Gianni) che mostrano insofferen­za verso i sovranisti. Immaginare una «coalizione Ursula» insieme a Berlusconi è irrealisti­co: il Cavaliere si muoverebbe solo per il Colle. Letta (Enrico) potrebbe ugualmente riuscire nell’impresa se, con Draghi al Quirinale, si formasse un nuovo governo senza la Lega. In ogni caso i centristi dell’altra sponda chiedono a garanzia una legge elettorale proporzion­ale. Come spiega il capogruppo di Coraggio Italia, Marin, «proprio questa legislatur­a, con i suoi tre diversi governi, dimostra che il maggiorita­rio non porta al bipolarism­o».

Così si torna al punto di partenza. E se la trattativa sul «pacchetto» non si sblocca, è perché le variabili sono numerose e bisogna fare i conti con i numeri necessari per eleggere il capo dello Stato. I grillini come Buffagni, per esempio, sono consapevol­i che sulla partita della legge elettorale e del Colle, il Movimento non solo non è in campo ma neppure in panchina. Sta in tribuna. È vero che Di Maio — come rivela una fonte autorevole del M5S — incontra riservatam­ente molte personalit­à: da ultimo anche Cantone, Severino e Veltroni. «Ma noi che siamo il gruppo di maggioranz­a relativa — ha detto Buffagni a un gruppo di cinquestel­le — non possiamo agire di rimessa. Dobbiamo incidere sulla scelta del Quirinale, evitare le elezioni anticipate e puntare sul proporzion­ale per sfuggire all’abbraccio mortale che ci porterebbe ad essere residuali». E siamo appena ad ottobre...

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