Meloni ammette la sconfitta: «La coalizione rifletta Ma la campagna elettorale è stata una lotta nel fango»
La leader: noi penalizzati da tre posizioni diverse Ho sentito Silvio e Matteo, ci vedremo a giorni
Giorgia Meloni rompe il silenzio poco dopo le 18. La leader di FdI si presenta davanti ai cronisti e senza alcun preambolo ammette la battuta di arresto: «Il centrodestra esce sconfitto alle Amministrative: non riusciamo a strappare al centrosinistra le grandi città». Poi, in quasi un’ora di analisi, prova a cercare anche la motivazione. Ed è tutta politica: «Nel centrodestra abbiamo tre posizioni diverse sul governo. E questo è qualcosa su cui dobbiamo ragionare. Questo disorienta i nostri elettori».
È la prima «sconfitta» da quando è in cima ai sondaggi e duella per la leadership del centrodestra. Non c’è stata partita, anche il risultato del ballottaggio è netto: Roberto Gualtieri supera agilmente Enrico Michetti, il «suo» candidato: «Credo che però a parlare di débâcle un po’ ce ne passi, mi pare un po’ eccessivo. La débâcle è del M5S», prova a ridimensionare.
Ma minuto dopo minuto si accalora. Lamenta il dato dell’affluenza: «Nessun partito può gioire quando una città come Roma elegge il proprio sindaco con queste cifre: c’è una crisi della democrazia, non della politica. Tutti dovrebbero interrogarsi». Prende di mira i governi tecnici e di conseguenza l’esecutivo di Mario Draghi: «La gente non è andata a votare perché la politica con i giochi di palazzo ha mortificato la volontà dei cittadini». Per non parlare della campagna elettorale che la sinistra «ha trasformato in una lotta nel fango, demonizzando e criminalizzando l’avversario, ritirando fuori slogan degli anni 70, spaventando. E questo ha allontanato molti elettori». Quanto al green pass, alle manifestazioni di piazza, all’attacco di Forza nuova alla sede della Cgil, Meloni è durissima con l’esecutivo: «Trovo surreali che rispetto alle violenze c’erano responsabilità gravissime del governo, che sono state scaricate sull’opposizione. Questo si fa nei regimi».
Resta il fatto che Michetti, l’avvocato voluto fortemente dalla leader di FdI, non raggiunge il 40%, non riesce a intercettare nuovi elettori, perdendo il vantaggio acquisito al primo turno. È stato un errore scegliere un profilo come quello del «tribuno» di Radio Radio? «Non incide il profilo più di tanto, sicuramente incidono i tempi». E qui il riferimento è ai molteplici vertici che hanno preceduto la scelta dei candidati. Ed è forse per questo che Meloni consiglia di ripartire dai profili politici, condividendo con l’alleato Salvini «che i nomi per le Amministrative del 2022 devono essere scelti al più presto».
Ma nulla — dice — è perduto. «Ci sono i tempi per una rivincita». Ma con quale leadership? «Questo tema non mi interessa, noi ci troviamo in una fase in cui ci sono tre posizioni diverse ed è difficile che uno possa comandare tutto. Sicuramente serve un maggior coordinamento». La via d’uscita non è chiara ma una cosa sì: «Noi non abbiamo un piano B, per noi esiste solo il perimetro del centrodestra».
Ecco perché Meloni invoca un vertice a tre già in settimana, per costruire la coalizione del futuro: «Bisogna — annuncia — mettersi immediatamente al lavoro per dare un orizzonte, per mettere in campo una proposta chiara, credibile, coraggiosa e coesa di governo della nazione, che sia perfettamente riconoscibile». Dopodiché, rifà un appello a Enrico Letta: «Eleggiamo Mario Draghi al Quirinale e torniamo a votare».
I candidati scelti «Una débâcle? Abbiamo sbagliato i tempi, non i profili dei nostri candidati»