Europeista, sette figli, cattolico conservatore: l’uomo che sfida Orbán
Conservatore ma non sovranista; cattolico ma disposto al dialogo; antiabortista e padre di sette figli, outsider della grande politica, sindaco di un centro rurale al confine con la Romania, ma europeista convinto. Péter Márki-Zay è l’uomo che le primarie dell’opposizione ungherese, domenica, hanno investito del compito arduo di sfidare il premier-padrone Viktor Orbán alle politiche di aprile. Ci riuscirà?
La sfida al Golia Orbán, che in undici anni di governo ha trasformato l’Ungheria in una «democrazia illiberale» a sua immagine, sembra quella di un Davide dalla periferia dell’impero. Il partito di governo, Fidesz, ha un controllo ampio sui media, grande influenza nella funzione pubblica, il supporto di molte grandi aziende controllate da amici del presidente. Che gli si prepari un finale come quello di Andrej Babis, l’uomo forte della Repubblica Ceca che è stato messo in minoranza alle politiche del 9 ottobre proprio da una coalizione europeista e di centro-destra, non è detto. Ma all’arco di Márki-Zay ci sono parecchie frecce.
Non è, per cominciare, un candidato espresso dalle élite liberali della capitale. Non è il colto
ecologista Gergely Karácsony, sindaco di Budapest, esperto di scienze politiche: era tra i tre candidati alle primarie dell’opposizione, si è ritirato dopo il primo turno (a metà settembre). Non è un volto noto della politica europea come l’altra contendente Klára Dobrev, vicepresidente progressista del Parlamento Europeo, che al ballottaggio di domenica si è ritirata a due terzi delle schede contate. Márki-Zay, che ha il compito di rigirare contro Fidesz il favore di quel terzo di ungheresi che non va a votare, è il sindaco di Hódmezovásárhely, 44 mila abitanti, nota in Ungheria come «la Parigi dei bifolchi»; ha votato Fidesz una volta, ma è rimasto deluso da corruzione e tendenze autoritarie.
Il mandato di scalzare Orbán è stato messo nelle sue mani da 600 mila ungheresi: in tanti hanno votato alle primarie dell’opposizione, le prime della storia ungherese, indette dai sei partiti non di governo. Il programma comune: entrata nell’euro, revisione delle modifiche costituzionali introdotte da Orbán, annullamento dei progetti — concordati con la Russia — di una centrale nucleare a Paks, sul Danubio. Soprattutto lotta alla corruzione: proprio a Hódmezovásárhely, dove la politica nazionale non arriva, è arrivata invece un’azienda del genero di Orbán ad aggiudicarsi a man bassa un lucroso appalto di illuminazione pubblica. Gli abitanti, in maggioranza conservatori come il loro sindaco, non l’hanno digerito. I due sconfitti delle primarie hanno dato a Márki-Zay piena fiducia. Ad aprile sono chiamati a farlo anche gli ungheresi.