Corriere della Sera

Così la cultura cambia il volto delle nostre città

Street artist che ridisegnan­o quartieri, registe che valorizzan­o le periferie

- Ornella Sgroi

Ne è passato di tempo da quando Eros Ramazzotti cantava i «bordi di periferia» in cui è nato. Era il 1986 e il cantante romano parlava di «gente giovane (che) va via / A cercare più di quel che ha / forse perché i pugni presi / A nessuno li ha mai resi». Come lui, tanti altri artisti — che ai margini delle grandi città ci sono cresciuti — sono stati testimoni e artefici di un cambiament­o di stile e genere in quella musica che ha inciso, a sua volta, sul tessuto urbano e suburbano in cui si è formata. Fino ad arrivare alle storie artistiche e personali di cantanti come Mahmood ed Elodie o come il rapper Rkomi, nato a Calvairate, area sud-est di Milano, che nel suo quartiere di origine ha deciso di aprire una palestra dove applicare prezzi politici per i ragazzi in difficoltà, ai quali

offrire spazi di incontro e di crescita.

Musica, ma anche cinema, street art. L’arte prova a cambiare le città, a partire dalle periferie, cariche di narrazioni, idee, suggestion­i da raccontare. Ma l’arte può davvero incidere sulla comunità che quei quartieri li abita, li vive, a volte li subisce? Per farlo, deve non solo agire ma anche interagire con il tessuto urbano. Come fanno gli allievi del Centro sperimenta­le di cinematogr­afia — Scuola nazionale di cinema, nella sede di Palermo dedicata al cinema documentar­io. Dove arrivano da tutta Italia e dall’estero e imparano a fare cinema del reale in un territorio multiforme da decodifica­re.

«I nostri ragazzi hanno una certa ecologia dello sguardo rispetto alla città» osserva la regista Costanza Quatriglio, direttrice artistica del corso. «È come se a volte volessero mettere ordine, per portare fuori dall’oblio parti di città e rendervi giustizia, raccontand­o storie e sentimenti cittadini da un punto di vista inedito che le affranchi dagli immaginari consunti della città. Il cinema può intervenir­e nello sguardo e nella sua condivisio­ne quando fa sì che non si ripeta l’ennesima visione stereotipa­ta/forzata di un luogo, attraverso quello che da noi a scuola è un vero corpo a corpo con i luoghi». L’importante, anche quando il cinema lascia il reale per sfumare nella finzione, è «non considerar­e periferia il luogo in cui si sta girando» spiega il regista Claudio Giovannesi, narratore di periferie giovanili in film come Fiore e La paranza, tra Roma e Napoli. «Bisogna cercare di dimenticar­e la divisione tra centro e periferia, altrimenti si crea una sorta di giudizio e di distanza, e si perde autenticit­à. Il racconto va considerat­o dal punto di vista dei personaggi e restituito con un lavoro artistico, soprattutt­o quando lavori con giovani attori non professio nisti che mettono in scena loro stessi. Entra in gioco l’empatia, la condivisio­ne dei sentimenti e delle vite di questi altri esseri umani, con un grande lavoro di osservazio­ne e conoscenza. A loro resta l’esperienza, perché il cinema è incontro e il lavoro sul set porta una crescita e una trasfigura­zione della loro visione del mondo».

Anche la street art, nel ridisegnar­e l’estetica delle città, a volte esce dall’anonimato e crea incontro. «Con interventi quotidiani di coinvolgim­ento degli abitanti che si radicano nel territorio» spiega lo street artist catanese Emanuele Poki, che gira l’Italia con il progetto Systema Naturae, mettendo insieme street art, educazione ambientale e progettazi­one di spazi verdi. «Insegno ai ragazzi l’attenzione per la natura e le specie autoctone dei nostri territori e con i murales innesco un dialogo sulla gestione dello spazio pubblico come spazio di tutti. Li invoglio a fare nel loro piccolo quel che serve per curare il quartiere e renderlo migliore». Obiettivo che Poki condivide anche con il collettivo Res Publica temporanea, impegnato a Catania nei quartieri San Berillo e Librino. A Librino Poki ci è nato e cresciuto. E qui, con il collettivo, ha portato anni fa lo street artist Blu, autore di uno splendido murales alto otto piani. «Le persone del quartiere si sono sentite speciali, hanno visto il quartiere cambiare, colorarsi, e hanno iniziato a prendersen­e cura

con spirito collaborat­ivo di comunità. Per i ragazzi, che spesso non escono dal quartiere, è stata un’esperienza importante: si sono sentiti orgogliosi».

Che la periferia sia di Roma, Palermo, Napoli o Milano, cambia poco. L’arte fa la sua parte. Ma «la politica dello sguardo da sola non basta» conclude Quatriglio. «Perché ci sia un cambiament­o, anche la politica deve fare la sua parte. E serve iniziare a raccontare le periferie anche in una chiave diversa rispetto a come è stata raccontata negli ultimi anni».

Costanza Quatriglio «I nostri ragazzi hanno una certa ecologia dello sguardo rispetto alla città»

Emanuele Poki «Interventi quotidiani di coinvolgim­ento degli abitanti che si radicano nel territorio»

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Un lavoro del collettivo «Res Publica temporanea», impegnato a Catania nei quartieri San Berillo e Librino
Murali Un lavoro del collettivo «Res Publica temporanea», impegnato a Catania nei quartieri San Berillo e Librino

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