GIORGIO PARISI, UN NOBEL «MADE IN ITALY»
Tra i tanti spunti offerti dal Nobel per la Fisica assegnato a Giorgio Parisi, uno merita particolare attenzione. Si tratta infatti del primo premio Nobel in campo scientifico attribuito a un italiano per ricerche condotte in Italia dopo quasi cinquant’anni. Per la precisione dal 1963, quando a essere premiato per la Chimica fu Giulio Natta. Con l’unica altra eccezione di Daniel Bovet (svizzero naturalizzato italiano), tutti gli altri premiati italiani nelle scienze dopo la Seconda guerra mondiale hanno ricevuto il Nobel per ricerche condotte fuori dall’Italia (perlopiù negli Stati Uniti). Seppur assai diffusa, la tentazione di una lettura nazionalistica del riconoscimento è spesso problematica. Lo stesso fondatore precisò nel testamento che il premio sarebbe stato dato «senza tener in alcun conto la nazionalità dei candidati». Ancora oggi la Fondazione Nobel evita di indicarla limitandosi a segnalare «l’affiliazione al momento del premio». Come scrisse di sé con la consueta ironia Einstein nel 1919, «in Germania sono un uomo di scienza tedesco e in Inghilterra un ebreo svizzero; ma se dovessi diventare una bestia nera sarei un ebreo svizzero per i tedeschi e uno scienziato tedesco per gli inglesi». Tuttavia il premio a Parisi può essere interpretato come un indicatore importante della solidità e della qualità della tradizione di ricerca e di formazione universitaria italiana, soprattutto in alcuni settori. Certo, non è scontato trarne indicazioni sul presente e sul futuro della ricerca. Con la proverbiale cautela che spesso contraddistingue le assegnazioni dei Nobel, gli studi premiati risalgono fino a quarant’anni fa. Oggi le traiettorie delle ricercatrici e ricercatori sono sempre più spesso internazionali. Ma è dalla forza di questa tradizione che deve ripartire una nuova visione e capacità di investimento nella ricerca italiana ed europea. Valorizzando anche sul piano comunicativo e nei confronti delle nuove generazioni l’importanza di un Nobel «made in Italy».