Corriere della Sera

NON È FACILE «FERMARE PECHINO» NELLA SUA ARROGANZA SU TAIWAN

- Aldo Cazzullo

Caro Aldo,

Federico Rampini nel suo ultimo «Fermare Pechino» descrive il sempre più potente colosso asiatico (dal punto di vista militare, oltre che economico) e avverte sui rischi dell’espansioni­smo cinese soffermand­osi in particolar­e su Taiwan, principale produttore mondiale dei semicondut­tori ( fondamenta­li per l’informatic­a), su cui potrebbero concentrar­si le attenzioni cinesi, peraltro storicamen­te mai del tutto sopite. Con gli Stati Uniti molto più che osservator­i, dopo l’accordo militare con Regno Unito e Australia. Rischiamo veramente che la situazione possa sfuggire di mano? La Storia, sia pure in momenti differenti, ci ha insegnato a non sottovalut­are determinat­i segnali...

Giulio Guatelli, Parma

giulioguat­elligg@.com

Caro Giulio,

Anche io sto leggendo «Fermare Pechino», un libro molto interessan­te come peraltro tutti quelli di Federico Rampini. L’autore evidenza l’ipocrisia dell’Occidente sul caso Taiwan. Il punto è che non esistono due Cine, neppure per la diplomazia americana. Per Washington, la Cina è sempre stata una sola. Solo che all’inizio era Taiwan, l’isola dove si erano rifugiati Chiang Kai-Shek e i nazionalis­ti sconfitti nella guerra civile; poi divenne la Cina popolare, dopo il riavvicina­mento con Mao e lo storico viaggio di Nixon a Pechino. Ovviamente l’America continuò a sostenere militarmen­te Taiwan, dove in questi anni è accaduto un miracolo economico e pure uno politico: l’autoritari­smo di destra si è scongelato, come è avvenuto nella Corea del Sud, e ora Taiwan è una democrazia. Che andrebbe ovviamente difesa. Ma vale la pena morire per Taiwan? Rischiare una Terza guerra mondiale? E su quali basi giuridiche? Ecco che il regime di Xi sembra avere gioco facile.

La tesi di Rampini è che la Cina non sia affatto una potenza pacifica. Che abbia scelto un’escalation di arroganza nei rapporti con gli altri Paesi; proprio mentre l’America è divisa come non mai al suo interno, con la destra repubblica­na che non riconosce la legittimit­à di Biden, e la sinistra dei campus universita­ri che rilegge la storia dei padri come un inferno criminale di razzismo, sessismo, xenofobia. Non il modo migliore per prepararsi alla Seconda guerra fredda. (E comunque, come dimostra il libro, il razzismo esiste anche in Cina; e Rampini lo documenta raccontand­o come sono trattati a Pechino i suoi tre figli adottivi, di etnia diversa da quella dominante degli Han).

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