Corriere della Sera

Pensioni, l’ipotesi di quota 102 Stretta sul reddito di cittadinan­za

Manovra da 23 miliardi. Verso l’assegno ridotto per chi rifiuta l’offerta di lavoro

- Enrico Marro

ROMA Pensioni, Reddito di cittadinan­za, ammortizza­tori sociali. Sono i nodi che governo e maggioranz­a devono sciogliere prima che si possa varare la manovra per il 2022. Già ieri a Palazzo Chigi ci sono stati incontri tra le delegazion­i dei partiti, lo staff del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro dell’Economia, Daniele Franco. E oggi dovrebbe riunirsi la cabina di regia (Draghi e i ministri capidelega­zione di partito). Solo dopo potrà essere convocato il consiglio dei ministri per approvare almeno il Dpb, il Documento programmat­ico di bilancio col quadro della manovra che verrà dettagliat­o nel disegno di legge di Bilancio, che, invece, potrebbe richiedere qualche giorno in più, anche se Draghi e Franco vorrebbero chiudere la partita questa sera.

Grazie alla crescita dell’economia migliore del previsto, il governo licenzierà una manovra espansiva per il 2022 da 23-25 miliardi di euro. Di questi, la posta maggiore dovrebbe andare alla riduzione delle tasse. Si parla di 8-9 miliardi, di cui 2,3 miliardi già stanziati con la precedente legge di Bilancio e più di 4 miliardi frutto di maggiori entrate con la fatturazio­ne elettronic­a. Tra le ipotesi, un taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente e la soppressio­ne del contributo a carico delle imprese per gli assegni familiari (vale circa due miliardi), visto che dal prossimo anno debutterà l’assegno unico per i figli con finanziame­nti ad hoc.

Circa 4-5 miliardi dovrebbero servire per la riforma degli ammortizza­tori sociali, per proteggere con la cassa integrazio­ne anche le piccole imprese, come avvenuto in via straordina­ria durante il Covid. Un paio di miliardi dovrebbero andare alla sanità, per l’acquisto di vaccini e farmaci e per altre assunzioni, altri due miliardi servirebbe­ro per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e due miliardi per le missioni militari e altre spese indifferib­ili. Sempre un paio di miliardi (ma la Lega vuole di più) per gli interventi che sostituira­nno Quota 100, che terminerà il 31 dicembre. Serviranno per ampliare la platea dei lavori gravosi ammessi all’Ape sociale, altro canale di uscita anticipata dal lavoro, e forse per estendere il «contratto di espansione» (consente, a determinat­e condizioni, di andare in pensione fino a 5 anni prima) alle aziende fino a 50 dipendenti (ora è fino a 100). Tra le ipotesi anche Quota 102 (per esempio 63 anni e 39 di contributi o 64 e 38) per due anni. Chiudono il pacchetto la proroga degli ecobonus edilizi, interventi contro il carobollet­te e qualche misura di «pace fiscale» (Lega e 5 Stelle vogliono la Rottamazio­ne quater).

Oltre ai quasi 23 miliardi che derivano dalla maggior crescita il governo può contare sul miliardo e mezzo che era destinato al cashback, che è stato sospeso, mentre un altro miliardo potrebbe essere recuperato sulla spesa per il Reddito di cittadinan­za, stringendo i controlli sui richiedent­i (facendoli prima e non dopo e incrociand­o le banche dati) e rafforzand­o le condizioni per il mantenimen­to del sostegno, per esempio limitando le possibilit­à di rifiutare le offerte di lavoro, con un taglio dell’assegno per chi lo fa. Fin qui le ipotesi, ma prima bisogna trovare l’equilibrio politico. La Lega non vuole uscire penalizzat­a sul dopo Quota 100, i 5 Stelle sul Reddito, il Pd sulla riforma degli ammortizza­tori sociali.

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Il ministro Daniele Franco

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