Pensioni, l’ipotesi di quota 102 Stretta sul reddito di cittadinanza
Manovra da 23 miliardi. Verso l’assegno ridotto per chi rifiuta l’offerta di lavoro
ROMA Pensioni, Reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali. Sono i nodi che governo e maggioranza devono sciogliere prima che si possa varare la manovra per il 2022. Già ieri a Palazzo Chigi ci sono stati incontri tra le delegazioni dei partiti, lo staff del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro dell’Economia, Daniele Franco. E oggi dovrebbe riunirsi la cabina di regia (Draghi e i ministri capidelegazione di partito). Solo dopo potrà essere convocato il consiglio dei ministri per approvare almeno il Dpb, il Documento programmatico di bilancio col quadro della manovra che verrà dettagliato nel disegno di legge di Bilancio, che, invece, potrebbe richiedere qualche giorno in più, anche se Draghi e Franco vorrebbero chiudere la partita questa sera.
Grazie alla crescita dell’economia migliore del previsto, il governo licenzierà una manovra espansiva per il 2022 da 23-25 miliardi di euro. Di questi, la posta maggiore dovrebbe andare alla riduzione delle tasse. Si parla di 8-9 miliardi, di cui 2,3 miliardi già stanziati con la precedente legge di Bilancio e più di 4 miliardi frutto di maggiori entrate con la fatturazione elettronica. Tra le ipotesi, un taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente e la soppressione del contributo a carico delle imprese per gli assegni familiari (vale circa due miliardi), visto che dal prossimo anno debutterà l’assegno unico per i figli con finanziamenti ad hoc.
Circa 4-5 miliardi dovrebbero servire per la riforma degli ammortizzatori sociali, per proteggere con la cassa integrazione anche le piccole imprese, come avvenuto in via straordinaria durante il Covid. Un paio di miliardi dovrebbero andare alla sanità, per l’acquisto di vaccini e farmaci e per altre assunzioni, altri due miliardi servirebbero per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e due miliardi per le missioni militari e altre spese indifferibili. Sempre un paio di miliardi (ma la Lega vuole di più) per gli interventi che sostituiranno Quota 100, che terminerà il 31 dicembre. Serviranno per ampliare la platea dei lavori gravosi ammessi all’Ape sociale, altro canale di uscita anticipata dal lavoro, e forse per estendere il «contratto di espansione» (consente, a determinate condizioni, di andare in pensione fino a 5 anni prima) alle aziende fino a 50 dipendenti (ora è fino a 100). Tra le ipotesi anche Quota 102 (per esempio 63 anni e 39 di contributi o 64 e 38) per due anni. Chiudono il pacchetto la proroga degli ecobonus edilizi, interventi contro il carobollette e qualche misura di «pace fiscale» (Lega e 5 Stelle vogliono la Rottamazione quater).
Oltre ai quasi 23 miliardi che derivano dalla maggior crescita il governo può contare sul miliardo e mezzo che era destinato al cashback, che è stato sospeso, mentre un altro miliardo potrebbe essere recuperato sulla spesa per il Reddito di cittadinanza, stringendo i controlli sui richiedenti (facendoli prima e non dopo e incrociando le banche dati) e rafforzando le condizioni per il mantenimento del sostegno, per esempio limitando le possibilità di rifiutare le offerte di lavoro, con un taglio dell’assegno per chi lo fa. Fin qui le ipotesi, ma prima bisogna trovare l’equilibrio politico. La Lega non vuole uscire penalizzata sul dopo Quota 100, i 5 Stelle sul Reddito, il Pd sulla riforma degli ammortizzatori sociali.