Corriere della Sera

Unicredit-Mps, si tratta a oltranza Il nodo dell’aumento

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(f.mas.) A quasi tre mesi dal memorandum d’intesa tra Unicredit e Tesoro di fine luglio per rilevare Mps il tavolo resta ancora aperto e circolano voci di rischi di rottura tra le parti per alcuni punti delicati non ancora definiti, dall’aumento di capitale da effettuare al personale in esubero. Tanto che si parla sul mercato anche di richieste del Tesoro (che ha il 64%) a Bruxelles per avere sei mesi per cedere Mps rispetto a fine 2021, data entro la quale l’Italia s’è impegnata con la DgComp nel 2017 quando salvò la banca con 5,4 miliardi. Ieri fonti vicine al Tesoro hanno fatto sapere che non sono state chieste proroghe, anzi la trattativa sarebbe alle battute finali e bisognerà vedere se ci saranno le condizioni per chiudere, dati i paletti fissati dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, ad agosto: no allo spezzatino, salvaguard­ia del marchio e l’impiego degli 1,5 miliardi già stanziati per sottoscriv­ere l’aumento di Mps e far fronte ai 6-7mila esuberi. Orcel tiene fermi i paletti: nessun peso sul capitale, crescita del valore per la banca, solo l’attività commercial­e di

Mps, niente rischi legali e accordo sindacale. Il 28 Orcel presenta il trimestre. Per quella data si potrebbe arrivare alla chiusura, in un senso o nell’altro. Tra i punti da sciogliere c’è l’aumento da parte del Tesoro, stimato oltre 3 miliardi per far stare in piedi la banca. C’è il tema del ramo d’azienda da definire, dato che Unicredit non vuole gli uffici centrali di Mps. Il Tesoro è stretto tra i paletti di Bruxelles e un esborso di miliardi pubblici sui quali va trovato il consenso politico.

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Alla guida L’amministra­tore delegato di Unicredit Andrea Orcel

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