«Faccio rivivere Moro»
Bellocchio: esiste una Storia italiana prima e dopo il sequestro dello statista da parte dei brigatisti
ROMA La Storia come poteva essere e non è stata. Marco Bellocchio riscrive in chiave fantastica e visionaria un episodio cruciale dell’Italia repubblicana, il sequestro e la morte di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Lo statista, da un letto d’ospedale, ringrazia i terroristi per avergli salvato la vita.
Il film mostra un finale del tutto diverso rispetto al tragico epilogo dei 55 giorni di prigionia, il 16 marzo 1978, sposando ciò che era auspicato da tutti: la liberazione dello statista democristiano. Il regista porta alla Festa del cinema tre sequenze con le prime immagini della serie tv Esterno notte che ha girato per la Rai. Dieci minuti che faranno rumore. Prima scena: stanza in cui è ricoverato Moro, vivo dopo il sequestro. Arrivano il presidente della Repubblica Cossiga con Giulio Andreotti. «Chi sa che è stato liberato? Nessuno deve saperlo, neppure il Papa», dice Cossiga. Si rivolge al medico: «È lucido, ricorda? ». «È molto provato, deve riposare».
Moro (l’attore è Fabrizio Gifuni, con una impressionante verosimiglianza nel tono di voce) dice, la barba incolta: «Devo dare atto alla generosità delle Brigate Rosse a cui devo la salvezza della vita e la restituzione della libertà, di cui sono profondamente grato».
Dichiara «la mia completa incompatibilità col partito
Il profilo della Democrazia Cristiana. Rinuncio a tutte le cariche, escluso quelle sulle mie candidature future. Mi dimetto dalla Dc». Bellocchio nel film del 2003 Buongiorno, notte, ha mostrato Moro che dopo la prigionia «passeggia libero». Qui c’è una denuncia politica che riprende le lettere scritte dallo statista ai suoi colleghi di partito. Se il precedente film è «sul chiuso della prigionia, qui c’è il fuori, l’esterno». Hanno più peso «Cossiga, Zaccagnini, Andreotti, Eleonora Moro, Paolo VI, i terroristi…». Nella seconda scena, Moro assiste corrucciato, dal balcone della sede della Dc a un violento scontro tra estremisti di sinistra e polizia. Sullo sfondo vede il manifesto del film Anima persa di Risi, Bellocchio dice: «In ogni epoca ci sono anime perse».
La terza sequenza vede Moro e Paolo VI (impersonato da Toni Servillo) che camminano in Vaticano. Il Papa racconta di aver ritrovato una lettera di 15 anni prima in cui Moro chiedeva al cardinale Siri «l’appoggio ai socialisti, un modo per isolare i comunisti». Il Papa dice: «E ora volete portare i comunisti al governo?». Moro ribatte che non
avrebbero nessun incarico diretto, il pontefice gli ricorda che avrebbe scosso «le coscienze dei cattolici contrari a aborto e divorzio, proprio ora che si lavora alla legge sull’interruzione di gravidanza».
Moro gli fa presente che «i nostri valori restano i valori della Chiesa». Bellocchio dice che «non c’è stata nessuna collaborazione da parte del Vicariato romano, siamo andati a Cinecittà usando ciò che Nanni Moretti costruì per Habemus Papam». Dice che «esiste una Storia italiana prima e dopo il sequestro Moro, quando tutta una classe politica è andata in crisi. I partiti tradizionali hanno cominciato a boccheggiare, li avevo conosciuti da bambino a Piacenza, quando venivano a fare comizi Togliatti e De Gasperi, c’era una passione politica oggi inimmaginabile. La morte di Moro è una svolta nella Storia italiana. Tutti noi giovani speravamo nella sua liberazione». Lui, questo desiderio, lo porterà nelle nostre tv.
Valerio Cappelli