«L’Incompiuta grande bellezza nello spazio sacro»
Federico M. Sardelli e la Messa di Amadeus «Un capolavoro che è pari al Requiem»
Un podio. Un’orchestra — quella Sinfonica Siciliana — e un coro — il Lirico Mediterraneo — in attesa. Gli spazi meravigliosi di una Cattedrale, quella di Monreale, Patrimonio dell’umanità Unesco, e la musica. Tanta. Intensa. Che oggi (ore 21) imbeverà le antichissima mura di questa chiesa con le note del raro Concerto per mandolino e orchestra in sol maggiore di Johann Nepomuk Hummel (solista Carlo Aonzo) e dell’incompiuta Messa in do minore KV 427 di
Wolfgang Amadeus Mozart. Sul podio Federico Maria Sardelli (1963), che il giorno successivo dirigerà invece la sua orchestra barocca Modo antiquo su musiche di Antonio Vivaldi. Note come la Sinfonia in si minore RV 169 Al Santo Sepolcro, e meno note come i Concerti RV 775 e 818.
Maestro Sardelli, lei è talmente legato a Vivaldi che gli ha dedicato anche un romanzo, «L’affare Vivaldi» edito da Sellerio nel 2015.
«(ride, ndr) Sto correggendo proprio ora anche le bozze del mio prossimo libro. Il tema è ancora vivaldiano e uscirà nuovamente per Sellerio».
Un altro romanzo?
«No, questa volta è un saggio, uscirà a metà novembre». Un saggio su cosa? «Sull’iconografia musicale, sulla pittura applicata alla musica, sui ritratti di Vivaldi».
Lei suona il flauto, scrive,
Le tante attività
Dirigo, scrivo libri, dipingo: per me è come cambiare gli occhiali, tra filologia e ironia
compone, dipinge, si occupa di satira sulle pagine de «Il Vernacoliere»...
«Ho la necessità di fare tante cose. Per me è come cambiare occhiali, indossare, a seconda dei casi, quelli della filologia, dell’ironia...».
Stasera dirigerà la «Messa in do minore» di Mozart, qual è il suo approccio di fronte a questa partitura?
«La considero uno dei vertici dell’arte mozartiana. Può stare a fianco del Requiem, senza paura di scomparire. È una pagina altissima».
Che problemi pone? «Quelli sulla gestione e la ricostruzione delle parti mancanti. Ho ascoltato alcune versioni sin troppo fantasiose». Lei come l’affronta? «Tendo ad asciugare. Nel senso che preferisco il frammento pulito, così come ci è arrivato, senza mettermi a fare grandi costruzioni. Il frammento a volte è bello anche nella sua incompletezza».
Che effetto le fa dirigere in uno spazio sacro, oltre che bellissimo, come quello della Cattedrale di Camporeale?
«Un effetto benefico. Qui abbiamo una grande bellezza, lo spazio, che deve contenere un’altra grande bellezza, la musica. C’è il rischio di un overdose di impulsi».
Problemi, tipici della musica in chiesa, di eco, riverbero e ritorno del suono ne ha riscontrati in Cattedrale?
«L’acustica, per quanto sia imponente, non è di quelle ridondanti. La musica si fa da tempo in quello spazio. Tutto funzionerà benissimo».
Ci parli della scelta di affiancare a una pagina nota come la Messa un’altra, tanto poco conosciuta quanto bella, come quella di Hummel.
«È un bene fare ascoltare un’altra musica, di quelle rare o, in altri casi, magari anche mai eseguite prima».
Il concerto di Hummel Aggiungo un brano poco noto: le biblioteche musicali sono serbatoi immensi da scoprire
A volte il «mai eseguito prima» non sempre corrisponde a qualità. È d’accordo?
«La musica rimasta nel cassetto non è detto che sia sempre un capolavoro. Di fronte alla musica classica siamo forse eccessivamente fiduciosi».
Però, d’altra parte, c’è anche tanta musica da scoprire.
«Va detto che si ascoltano in fondo sempre le stesse cose. Ma bisogna ricordare anche che le biblioteche musicali sparse in giro sono un serbatoio immenso da scoprire».
Lei per esempio ha fatto riscoprire, ricostruendoli, due concerti vivaldiani, che verranno eseguiti domani.
«Sono partiture trovate a Venezia. Mi sono occupato dei cataloghi, delle concordanze musicali, raccogliendone i frammenti e ricostruendo».
Cosa direbbe ai giovani per avvicinarli a Vivaldi?
«Ascoltatelo senza preconcetti. Prendete una cosa a caso. È sempre trascinante».
Da pittore che colore attribuisce alla musica di Vivaldi?
«Beh, il rosso...».