Corriere della Sera

Ventitré giorni

- Di Massimo Gramellini

Una mattina di metà ottobre il signor Ennio Di Lalla — ottantasei anni, cardiopati­co — uscì dall’appartamen­to del quartiere romano di Don Bosco in cui viveva da solo e si ricoverò in ospedale per delle visite mediche. Al ritorno, qualche giorno dopo, trovò la serratura cambiata e un altro nome sul campanello. Ad aprirgli venne una donna sui trent’anni e lo informò che quella adesso era casa sua. Ennio chiamò i carabinier­i, ma non essendoci un furto in corso (la famosa flagranza), l’occupante abusiva poté solo essere denunciata a piede libero. Il proprietar­io fu costretto ad andarsene senza neanche potersi portare via le sue cose. Per fortuna aveva un fratello in grado di ospitarlo, altrimenti sarebbe dovuto andare in albergo. O sotto un ponte.

Ventitré giorni dopo, un giudice ha finalmente firmato l’ordine di sfratto e ieri mattina Ennio è tornato a casa, trovandola, dice, «come se fosse stata bombardata». L’abusiva è uscita mostrando il dito medio ai passanti e gridando che non è pentita per nulla, anzi, che lo rifarà altrove. Una persona così decisa meriterebb­e di avere di fronte uno Stato altrettant­o reattivo. Separando con chiarezza i casi alla Ennio da quelli in cui c’è un immobile abbandonat­o, cosa ci vuole a scrivere una legge composta da un unico articolo? «Il legittimo occupante — proprietar­io o inquilino — che si trova la casa invasa da altri ha diritto di ottenerne la disponibil­ità immediata». Dai, non è difficile. È di destra? È di sinistra? Non lo so, ma è giusto.

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