In treno fino a qui da tutta Europa «Loro ci escludono noi ci facciamo sentire»
Glasgow è una città piccola, decisamente più piccola rispetto a Milano, la città in cui sciopero di solito. Quindi è stato sicuramente uno stupore vedere non solo 30 mila persone in piazza, ma i volti da tutto il mondo che conoscevo solamente come un mucchio di pixel sullo schermo marciare finalmente insieme per la causa che ci ha fatto incontrare. È stato uno stupore sentire le loro voci dal vivo e intonare cori nelle loro lingue. Le attiviste e gli attivisti delle aree più colpite dalla crisi climatica, che chiamiamo Mapa (Most Affected People and Areas) sono stati i veri protagonisti di questo sciopero e non poteva andare diversamente. Nonostante le difficoltà, la lontananza e gli ostacoli che la pandemia globale ha posto, i Fridays For Future Mapa hanno raggiunto questa piccola città al Nord del Regno Unito per dimostrare ai capi di Stato e ai diplomatici chiusi nella Cop26 che davvero tutto il pianeta ha gli occhi puntati su di loro.
Oggi uno degli argomenti principali sul’agenda della Cop26 erano i giovani. Il presidente della Cop Alok Sharma e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani hanno incontrato i giovani delegati della YouthCop, la conferenza tenutasi a Milano a fine settembre, per ricevere il loro «manifesto» e per discutere come amplificare le istanze delle nuove generazioni. Eppure nessun attivista di Fridays For Future ha partecipato a questo dibattito. Eravamo tutti insieme in piazza, come lo siamo ormai da tre anni. Anche a Milano eravamo per strada a cantare e urlare. Col senno di poi, essere esclusi dalla YouthCop non è stato un dramma. Non abbiamo bisogno di conferenze dei giovani per far arrivare le nostre voci ai «leader»mondiali.
Le nostre voci si sentono già forti e chiare dal 2019, manca la volontà di ascoltarle e agire di conseguenza. Esattamente come la Cop dei giovani, la Cop26 è un evento esclusivo nel senso letterale del termine. La pessima gestione delle politiche di protezione dal Covid-19 hanno attivamente escluso i diplomatici di alcuni dei Paesi più colpiti dalla crisi climatica, impedendo loro di prendere parte alle negoziazioni. Le decisioni che i leader hanno preso fino a ora sono altrettanto «esclusive»: sono ancora solo promesse sul lungo periodo che ignorano il fatto che la crisi climatica è già una realtà tremendamente concreta per la maggioranza della popolazio
Non abbiamo bisogno di conferenze dei giovani per far arrivare le nostre idee ai leader mondali
ne mondiale. Chi sta negoziando sulle nostre vite e sul nostro futuro probabilmente non ci sarà o non avrà più la stessa carica nel 2050, data di scadenza per arrivare a emissioni nette zero.
È con questa consapevolezza e con un profondo senso d’ingiustizia che mi sono incontrata con altri attivisti di Fridays For Future Italia qui a Glasgow. Siamo circa una ventina di giovani che hanno attraversato l’Europa in treno per queste quattro ore di corteo internazionale. Può sembrare una pazzia, ma non siamo gli unici ad averlo fatto. Anche nella zona residenziale e periferica in cui una famiglia scozzese mi ospita ho incontrato attivisti che andavano allo sciopero stamattina. Ci siamo riconosciuti e aiutati a vicenda non appena ci siamo resi conto che andavamo tutti nella stessa direzione: Kelvingrove Park, luogo di ritrovo per la marcia. Nella calca del corteo, rigorosamente con le mascherine, ci siamo persi e ritrovati più volte.
A metà corteo ho avuto la fortuna d’incontrare gli amici del gruppo internazionale di Fff in un recinto a protezione degli attivisti Mapa, di Vanessa Nakate e Greta Thunberg. Credo che quello sia stato il momento più bello di tutto lo sciopero: vedere così tanti attivisti dalle aree più colpite dall’emergenza clima, ascoltare la loro rabbia e ammirare la loro forza riscalda il cuore. È il bagliore di speranza che ci permette di continuare a lottare e che ci fa intravedere un mondo diverso, giusto ed equo oltre al festival dell’esclusione di Glasgow.