«Governare col Pd per noi non è facile Ma verso Draghi saremo leali»
Molinari: non siamo la destra
MILANO Molinari, dica la verità. Mario Draghi può stare tranquillo?
«In questi mesi, a volte noi siamo stati critici, non è facile per un partito come la Lega stare al governo con Pd e M5S. Ma Draghi può stare tranquillo. Noi saremo leali come siamo sempre stati, al punto da appoggiare provvedimenti in cui non credevamo al 100%, consapevoli dell’emergenza”.
Di solito, si spera che le emergenze finiscano…
«Ma che vuol farmi dire? Abbiamo fatto una scelta non comoda, con una maggioranza per noi non semplice. Se non l’avessimo fatta, avremmo al governo Conte e i Responsabili. E invece, la scelta nostra e di Forza Italia ha fatto fallire il progetto». Riccardo Molinari è il capo dei deputati leghisti e dunque uno degli interpreti più importanti della svolta che Salvini vuole imprimere alla Lega.
Le questioni sollevate da Giorgetti sono chiuse? L’ingresso nel Ppe…
«Penso sia giusto non entrare nel Partito popolare. Del resto, è come con Umberto Bossi e Roberto Maroni. La nostra impostazione è sempre stata alternativa a quella di una globalizzazione che concentra la ricchezza in poche mani e passa sopra alle identità territoriali e alle comunità sociali tra cui, in primo luogo, la famiglia. Parlare di famiglia non è qualcosa di bigotto o di destra, dirlo è un riflesso condizionato della sinistra».
Meglio stare con chi ha nostalgie naziste?
«Se parla dei tedeschi dell’Afd, è chiaro che non sono i miei compagni di strada ideali ma partiti che sono distanti da noi. Quella è la destra. Ma noi non siamo la destra, quella è la Meloni. Ma sono partiti non disponibili a passare sopra a tutto senza disturbare i manovratori. Peraltro, se entrassimo nel Ppe presto ci chiederebbero di privatizzare il Colosseo per pagare i debiti».
Cosa c’è di sbagliato nel pensare al pilastro moderato di un futuro centrodestra?
«Ma guardi che noi guardiamo a sinistra. O meglio, a quel mondo che la sinistra ha abbandonato. Lavoratori, artigiani impoveriti, piccole imprese che non hanno avuto le risorse o le competenze per innovare. La sinistra oggi è per la contrazione dei diritti, per il Jobs act, è ultraliberista al limite del darwinismo sociale. L’alternativa è il reddito di cittadinanza? Noi siamo alternativi a entrambi i modelli».
L’altra sera avete parlato del voto sul capo dello Stato?
«Non certo di nomi. Ci siamo detti che vogliamo giocare la parte dei protagonisti in questa che è un’occasione storica. E ci siamo detti che non vogliamo più un presidente scelto solo dal centrosinistra».
I giornali sbagliano a parlare di una Lega divisa?
«Ma certo. È sempre stato chiaro che la Lega parla con Salvini e la linea è quella. Per questo dobbiamo evitare le trappole. Pensi a questa settimana: il Pd ha affossato il dl Zan e la Cassazione ha accolto i referendum della Lega sulla giustizia che consentono di migliorare una riforma fondamentale come quella del ministro Cartabia, peraltro annacquata dal M5Se. Sono due nostre vittorie in pochi giorni ma sui giornali che cosa leggi? Della Lega spaccata. Un po’ surreale, via…».
«Noi guardiamo a quel mondo che la sinistra, diventata ultraliberista, ha abbandonato»