L’EFFETTO BOOMERANG DEL CONFLITTO NEL CARROCCIO
Se l’obiettivo di Giancarlo Giorgetti era quello di spingere la Lega verso le grandi famiglie politiche europee, ha ottenuto l’effetto opposto. L’uscita del ministro sembra avere spinto il segretario Matteo Salvini a una regressione sovranista sulle alleanze continentali; a escludere più di prima qualunque avvicinamento ai Popolari europei. Può essere considerata una reazione viscerale e poco meditata, o l’occasione che cercava per ribadire la preferenza per partiti come quelli della destra ungherese e polacca, o quello francese di Marine Le Pen.
È comunque la risposta che i salviniani hanno considerato obbligata di fronte a una pressione ritenuta impropria; e che ha costretto anche i critici a schierarsi con il leader. È noto che tra i governatori leghisti e tra i ministri l’euroscetticismo del segretario semina perplessità: anche perché sono le stesse di quell’elettorato che considera l’Ue un referente obbligato, tanto più in questa fase e con Mario Draghi a Palazzo Chigi.
L’uscita del capo della delegazione al governo li ha spiazzati e messi in una condizione scomoda, inducendoli a una solidarietà obbligata. La narrativa di un Giorgetti pentito, che si rende conto di avere arrecato un danno al partito, era ampiamente prevedibile, ma è poco credibile. Idem le affermazioni su un Carroccio che ritrova l’unità e rifiuta le correnti. Il tema non è quello delle correnti. Riguarda il profilo di una forza che rischia di scivolare a destra, senza riscuotere i consensi raccolti appena due anni e mezzo fa proprio alle Europee.
Su questo, le distanze rimangono. E colpiscono i resoconti dell’ultima riunione del vertice leghista, secondo i quali Salvini avrebbe sottolineato l’esigenza di ritrovare un’identità. Evocano un parallelismo con la discussione in corso da mesi nel Movimento Cinque Stelle sull’identità perduta insieme con molti voti. E confermano l’affanno dei due populismi italiani, quello grillino e quello del Carroccio, con conseguenze di medio periodo ancora da misurare.
Ma nell’immediato diventa facile, per chi soprattutto dentro Forza Italia teme il primato leghista nel centrodestra, contestare l’idea di Salvini premier. «L’euroscetticismo è un lusso che non ci possiamo permettere», lo avverte il ministro berlusconiano per il Sud, Mara Carfagna: a conferma che l’unità del centrodestra e il patto per il Quirinale tra FI e Carroccio ha basi fragili. Il segretario del Pd, Enrico Letta, azzarda l’ipotesi che in questi giorni si assista all’«ennesimo gioco delle parti, Salvini sovranista e Giorgetti governista». Può darsi, ma forse è un’analisi troppo benevola di quanto sta succedendo.