Vita e amore a Hollywood
Alessandro Michele fa sfilare la sua collezione per Gucci lungo il Boulevard delle Stelle. «Qui tutto è possibile, è il sogno che avevo fin da bambino»
Cinquantatré minuti di grandiosità hollywoodiana (tanto dura tutto il Love Gucci Parade, fra l’arrivo dei primi invitati e la sfilata) e sessanta secondi di commozione quando Alessandro Michele esce dal grande portone del Kodak Theatre e cammina intimidito verso il centro, deserto, del grande boulevard chiuso per lo show. Gli ospiti, e che ospiti, tutti in piedi. «Sì ero proprio disorientato. Un’emozione indescrivibile», dice il giorno dopo. «Una situazione impattante davvero. E confesso che chiudere quella strada, il Boulevard delle Stelle, è stata la cosa più imponente di tutta l’operazione». Non è forse tutto possibile nella città degli angeli? «Per questo ho voluto ricominciare da questo luogo. Con un abbraccio di vita e di amore», ripete con l’enfasi di chi ha dato e ricevuto, tanto, tutto. «È stato un richiamo alle armi, bellissimo, per tutti. Per chi era qui con me, con noi e per chi dall’altra parte ci ha seguito».
È consapevole lo stilista nel raccontare delle sue emozioni che in questi sette anni alla direzione di Gucci ha creato un senso di appartenenza che va coltivato. «Per chi c’era è stato come essere a casa, chi ci ha seguito sui social ha percepito la sontuosità. Ed è stato come se tutti fossero qui».
In immagini e abiti: l’universo mondo di Michele, quello ormai che tutti conoscono e riconoscono, c’era: vintage e brandizzato, glamour e sartoriale, flamboyant e familiare. Un mondo popolato di dee e dei, di creature libere e fantastiche, di personaggi irriverenti o compìti, di protagonisti morigerati o peccaminosi. Una camicetta abbottonata o un reggiseno sfuggente. Uno zoccolo o una calza autoreggente. Un gilet o un abito di piume e paillettes. La collana sexy toys e il cappello da cow boy. Visioni tutte che sanno di sogni e libertà. Mai così reali. Forse perché il loro «creatore» ha voluto farli camminare per la strada, già. «Così volevo la mia Hollywood, viva e vera. Una umanità da giardino delle delizie, senza giorno o sera, uffici o club». E fra gli dei, scesi dal cielo, Macaulay Culkin, il protagonista di Mamma ho perso l’areo, che fra le tante star-modelle (fra cui un Jared Leto super emozionato) è fra i più ammirati. «Perché lui? È un’immagine bellissima di Hollywood: è la storia di chi è andato all’inferno ed è tornato alla vita. Volevo ci fosse qualcuno che fosse una vera royalty del passato. Ricostruendo questa cosmogonia non poteva non esserci una divinità data per morta ma che morta non è mai stata anche solo per il fatto di essere un dio, dunque immortale». E ci sono anche i ricordi (immortali) di Marilyn Monroe, Liz Taylor , Mae West o Jean Harlow, Rita Hayworth, Veronica Lake, Kim Novak, Rock Hudson: un guanto, i capelli, un colore, l’eleganza.
«Mamma lavorava nel cinema come assistente di una casa di produzione. Ricordo i suoi racconti, dettagliati e scintillanti, su quella fabbrica di sogni» scrive e poi spiega Michele, confessando all’universo mondo di essere a L.A. anche per lei, sua madre. «Era così diversa da mio padre, che era uomo di sinistra e molto ideologico. Vivevamo in un casa occupata. Avevo bisogno di respirare. Quei racconti sovversivi mi aiutavano a squarciare il grigio. Erano la mia fuga, la mia diserzione. Da laggiù, da quel punto del mondo, HOLLYWOOD appariva come un astro luminosissimo e splendente. Nove lettere piene di desiderio».
«Qui nella città degli angeli, tutto è possibile. Essere chi vuoi essere è possibile. E qui ho voluto ricominciare a sfilare dopo una pandemia che ci ha così avvicinati alla morte da volere soltanto abbracciare la vita più forte e con lei il mio lavoro che amo».
Cosa di più simbolico di una parata dell’amore, quindi? Con la musica in esclusiva, struggente e poetica, di Bjork, la presenza di «divinità pagane» come Miley Cyrus e Billie Eilish, Gwyneth Paltrow e Diane Keaton, Dakota Johnson e Serena Williams e il finale in festa con nuovi idoli come i Måneskin. Il talento di Mr. Michele.