Atene nella storia antica e recente L’Acropoli, i musei e una gita a Sparta
Questo piccolo mondo, fratello minore della nostra Italia, è sempre una sorpresa. Considero la Grecia come la mia seconda patria, dove vivo prevalentemente da 43 anni, da quando il Corriere della Sera, sul quale scrivo da 54 anni, decise di propormi il trasferimento ad Atene. La capitale greca è vicina alle regioni che frequento e seguo da sempre, è una capitale, e qui avevo due vantaggi: visti immediati e distanze minime dal Medio Oriente, dal Golfo, dall’Africa e dai Balcani.
Nonostante l’età che avanza, dolce ma inesorabile, sono felice di accompagnare i nostri lettori in questo mondo che adoro. La Grecia e le sue storie mi appartengono. Comincerò accogliendoli all’aeroporto per raccontare una storia che i più giovani non sanno e non possono ricordare. Il nostro Paese, l‘Italia che tutti amiamo, tradì Atene durante l’ultima guerra mondiale. Un tradimento doloroso.
Noi eravamo alleati della Germania nazista, e per ordine di Mussolini che sbraitava «Spezzeremo le reni alla Grecia» ci lanciammo in guerra senza preparazione. Figuratevi che il nostro giornale fu costretto dal delfino del Duce Galeazzo Ciano a inviare ad Atene Curzio Malaparte per incitare il nostro ambasciatore Emanuele Grazzi a convincere i greci ad accettare la resa. Malaparte era quasi un giullare, ma Grazzi era determinato a resistere. La guerra ad Atene era un’idiozia.
Una sera, nella nostra Ambasciata, vi era una festa per ringraziare la troupe dell’Opera di Roma che aveva portato ad Atene la «Butterfly» di Puccini, presente il figlio del grande musicista. Verso le 23 giunse dai telescriventisti l’ordine di guerra. Grazzi dovette accettare l’obbligo di presentarsi alle 3 di notte a casa del leader greco Ioannis Metaxas, un ammiratore di Mussolini, per intimare la resa. Metaxas era a letto e ricevette Grazzi in pigiama. Stanco il leader, ma fermissimo. Al blabla dell’ambasciatore, che cercava all’italiana di rendere accettabile l’ultimatum, rispose con un durissimo «Allora è la guerra». Quell’OHI fragoroso, che in greco si traduce NO, è diventato festa nazionale.
La nostra Ambasciata è quella di allora e la casa di Metaxas a Kifissias pure. Nulla è cambiato. Voglio portare i nostri lettori nella sede diplomatica, dove saranno accolti dalla giovane e coraggiosa Ambasciatrice Patrizia Falcinelli, e a casa del leader greco di allora per respirare l’aria di quel triste capitolo della nostra storia nazionale. La vergogna nei confronti di un Paese che ci ama da sempre. Vorrei poi visitare con loro lo
stadio delle prime Olimpiadi moderne, l’Acropoli e il centro culturale Stavros Niarchos, gioiello della Grecia di oggi, firmato da Renzo Piano.
Per la tappa fuori Atene, a parte i ben noti Capo Sounion e Delfi, suggerirò una visita a Sparta e a Mistra nel Peloponneso per respirare un’altra pagina di storia immortale.