Corriere della Sera

I sensi di colpa di Kasia

L’attrice è la protagonis­ta del film «3/19» diretto da Soldini Smutniak: «Scopro cose sepolte che pensavo risolte Gli attori fingono le emozioni, io le ho vissute davvero»

- Il personaggi­o Valerio Cappelli

ROMA Kasia Smutniak in 3/19 di Silvio Soldini è Camilla, un avvocato d’affari di successo «che si muove in un ambiente maschile e ha dedicato tutta la vita alla carriera». Finché una sera a Milano viene travolta da un motorino, un ragazzo immigrato muore nell’incidente e in lei, «senza volerlo, comincia un processo di cambiament­o profondo».

Tanti temi offrono un gioco degli specchi tra la vera Kasia e la finzione di Camilla, che cerca di restituire un nome allo straniero che muore. Ci riporta alla Polonia dell’attrice, contro gli immigrati, l’aborto («ma anche in Italia non è così facile») e altre libertà conquistat­e che sta perdendo in così tempo, contro l’idea romantica che abbiamo del suo Paese d’origine… «Ma questo non può pesare sul sentimento che mi sento più vicina all’Italia, anzi, mi attacco ancora di più, anche se ho tanta rabbia e frustrazio­ne. La Polonia non è solo quello. C’è chi rischia e protesta per strada. Io stesso ogni tanto piglio e vado, sull’immigrazio­ne sono andata con un cartello davanti al ministero dell’Interno».

È un film sul senso di colpa: «Ci nasciamo, nei Paesi cattolici si viene battezzati per sentirsi puri. Io non sono stata vicino abbastanza ai miei genitori, e penso al mondo che lasceremo ai figli». Come madre, in questa storia, per un bel tratto fallisce. «Non ha tempo per la figlia adolescent­e che cresce accanto a lei ma non si conoscono più. Restituire lo schiaffo alla madre è un gesto forte? Se l’era meritato. Io sono incuriosit­a dalla nuova generazion­e, è migliore della nostra, sono più consapevol­i, aperti, sviluppano sogni che non sono quelli materiali, sono più romantici».

Camilla comincia un percorso di ricerca e rinascita dopo la morte della sorella che aveva nascosto a sua figlia: «Cosa c’è di diverso e di uguale rispetto a me non lo dirò mai. Emotivamen­te non mi aspettavo quanto potesse essere difficile, perché ho scoperto cose sepolte, che pensavo risolte, l’elaborazio­ne del tutto è un tema che mi è vicino… Gli attori fingono le emozioni, altre volte le vivono davvero e non capisci dov’è la verità. È una cosa così intima e traumatica che la tengo per me stessa».

L’alterità di Camilla ricorda l’educazione rigida che ricevette in Polonia, l’ambiente militare di suo padre, i casermoni tutti uguali, la disciplina? «No, per niente. Ho incontrato delle avvocatess­e di finanza e ho scoperto un mondo adrenalini­co». Ancora nel film, si parla di chirurgia estetica. «Io a 40 anni sto bene con me stessa, non nascondo il tempo che passa, ne vado fiera, mi piace come cambia il mio corpo, per me è più bello di chi finge di averne 20, sarebbe come cancellare la mia storia. Ho più problemi con i media e i social che ti caricano di filtri». Si sente più morbida di carattere? «Direi di no. E dopo il lockdown non mi va di sprecare tempo con cose inutili, ogni momento è importante».

Kasia femminista, come una volta: «Bisogna ritirare fuori concetti culturali, è ora di includere gli uomini su certi temi. L’aborto per esempio. Perché se far sesso riguarda tutti, per gli uomini come contraccet­tivo esiste solo il preservati­vo mentre noi abbiamo anche farmaci che modificano lo stato ormonale? Non possiamo parlare di libertà e diritti senza che gli uomini prendano parte attiva. Parliamo di femminismo: perché non inventiamo una parola adatta per l’altra metà della popolazion­e?»

Lei dice d’aver mimetizzat­o a lungo la sua femminilit­à, le sembrava di doverla nascondere. «Era l’unico modo per potermi muovere nella società liberament­e, senza scadere nei cliché dei pregiudizi… La modella dell’Est, per dirne uno. Sono cresciuta nelle caserme in un ambiente maschile, giocavo a fare la guerra, sparavo, sono diventata pilota a 16 anni. Essendo una ragazza carina per poter essere un po’ più ascoltata e non essere catalogata avevo bisogno di diventare invisibile. E’ ridicolo pensare che il pilota non è un lavoro da ragazze. Lì non serve la forza... Io non sono un maschiacci­o, sono una donna normale e queste sono le mie passioni. Mi piace anche cucinare e fare l’uncinetto. Ma non fa notizia».

A 40 anni sto bene con me, mi piace come cambia il mio corpo, ne vado fiera, è più bello di chi finge di averne 20 Nascondere il tempo che passa sarebbe come cancellare la mia storia

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Kasia Smutniak con Paolo Mazzarelli in una scena di «3/19» (il titolo si riferisce a cadaveri non identifica­ti), che esce l’11 novembre distribuit­o da Vision e prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi
Sul set Kasia Smutniak con Paolo Mazzarelli in una scena di «3/19» (il titolo si riferisce a cadaveri non identifica­ti), che esce l’11 novembre distribuit­o da Vision e prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi
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Silvio Soldini, classe 1958, ha girato il film nella sua Milano, tra «i nuovi grattaciel­i e il mondo degli invisibili, quello degli ultimi»
Il regista Silvio Soldini, classe 1958, ha girato il film nella sua Milano, tra «i nuovi grattaciel­i e il mondo degli invisibili, quello degli ultimi»

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