«Ecco le scelte che aspettiamo da Salvini»
Il vice di Berlusconi: ora scelte opportune dalla Lega. Ma basta esami a Giorgia e a Matteo
"Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani: «Basta fare esami a Meloni e alla Lega», dice. «Ma noi di Forza Italia siamo diversi, ci aspettiamo scelte opportune da Salvini». Draghi? «Resti a Palazzo Chigi, se lui andasse al Colle il governo cadrebbe».
Il bicchiere è mezzo pieno, anzi è pieno quasi per intero per Antonio Tajani. Matteo Salvini dialoga con Orbán e Le Pen in vista di un nuovo gruppo di destra in Europa? «È comunque una evoluzione rispetto al passato. Uscire da Identità e Democrazia (il raggruppamento dell’ultradestra europea, ndr), lasciare fuori i tedeschi di Afd, è già un passo avanti importante».
Il coordinatore e vicepresidente di Forza Italia non vuole si creino solchi con la Lega, tanto più dopo il chiarimento e il patto di ferro con Berlusconi rinnovato nell’ultimo vertice. E lavora perché lo schieramento si presenti unito ai prossimi appuntamenti. Alle elezioni, certo. Ma anche nel momento della scelta del prossimo presidente della Repubblica. Sperando che sia Berlusconi e augurandosi che Mario Draghi resti al suo posto: «Senza di lui cadrebbe il governo: nessuno oggi, se non Draghi, è in grado di guidare un esecutivo di unità nazionale».
Salvini dice che non ha alcuna
intenzione di entrare nel Ppe come gli suggerisce invece Giorgetti e...
«Un momento. Non posso né voglio entrare nelle dinamiche interne di un altro partito. È un dibattito che riguarda loro».
Però il tema riguarda la coalizione, visto che Salvini ne parla da leader e dice che si batterà contro un centrodestra «asservito alla sinistra» per riportarlo ad essere «orgogliosamente conservatore, liberale, rivoluzionario e costruttivo, in Italia e in Europa»
«C’è un livello europeo e uno nazionale, che è poi quello che più interessa i nostri elettori, che ci chiedono cosa faremo su tasse, lavoro, sviluppo, ambiente e non in quale gruppo ci iscriviamo a Bruxelles. Comunque, non si tratta di essere asserviti a chicchessia in Europa, ma di muoversi in un Parlamento eletto con il proporzionale dove è necessario fare accordi per contare. La famosa “maggioranza Ursula” si è formata per impedire al socialista Timmermans di guidare la Commissione e per eleggere appunto la von der Lyen. Mossa che si è rivelata vincente, viste le decisioni prese su pandemia e Recovery».
Ma non crede che le posizioni di Salvini, che non è solo capo di un partito alleato a voi ma si considera leader della coalizione, potrebbero creare problemi in Europa al
centrodestra?
«Ma no, è inutile continuare a chiedere alla Lega di sottoporsi ad esami, come facciamo in Italia. Ci aspettiamo scelte opportune da Salvini, ma è un fatto che né lui né la Meloni parlano più di Italexit o si mostrano euroscettici o antidemocratici. Poi è vero
che noi di FI siamo in una posizione diversa: siamo il centro del centrodestra, che ambisce a recuperare consensi nel non voto e a crescere. Noi siamo la forza che ha un più forte legame con Bruxelles e Washington, siamo la garanzia di europeismo e atlantismo del centrodestra».
Questo ruolo di «garanzia» del centrodestra anche a livello internazionale è ciò che vi fa pensare che Berlusconi ha le carte in regola per andare al Quirinale?
«Certamente sì, ma non si è candidato. È il mio sogno che diventi presidente e il fatto che oggi se ne parli come di un’ipotesi pienamente in campo ci dice quanto la sua leadership, la sua presenza, sia importante nella politica italiana. Il centrodestra avrà un suo candidato, ma oggi è davvero prematuro parlarne».
C’è chi però ne parla: Giorgetti spera che Draghi vada al Quirinale e continui a dare l’indirizzo al governo in un semipresidenzialismo di fatto. Possibile?
«No, in Italia non esiste il semipresidenzialismo, non siamo in Francia. E se Draghi andasse al Quirinale il governo cadrebbe, perché la sua personalità è l’unica in grado di tenere in piedi un governo di unità nazionale. Non possiamo permetterci avventure: la pandemia non è stata ancora sconfitta, la ripresa economica è ancora più di rimbalzo che strutturale e il nostro Paese è chiamato in Europa a un ruolo cruciale dopo l’addio della Merkel: è bene che Draghi resti dov’è».
Lei crede comunque che dopo l’elezione del prossimo capo dello Stato l’assetto politico cambierà, magari anche grazie ad una modifica della legge elettorale?
«Sinceramente mi pare molto difficile mettere mano alla legge elettorale, e noi siamo comunque per il mantenimento del sistema maggioritario».
E Forza Italia è compatta su questo e altro?
Il ruolo di Draghi Draghi deve restare a Palazzo Chigi, se andasse al Quirinale il governo cadrebbe
«Direi proprio di sì, non c’è mai stato un voto che non fosse compatto, su ogni questione siamo stati uniti, a partire dal sostegno al governo su vaccini, green pass e sui principali temi economici. Una cosa è il dibattito interno, altro l’unità del partito data dalla sintesi di Berlusconi».
Ma il centrodestra sulla manovra si muoverà unito, anche assieme a FdI?
«Ci sono temi sui quali possiamo sicuramente fare battaglie assieme, dal taglio delle tasse al superbonus edilizio alle modifiche al reddito di cittadinanza alla concorrenza. Ma una cosa è certa: noi di Forza Italia non voteremo mai contro il governo».