Corriere della Sera

Il trasferime­nto di Zaki e le nuove maxi carceri di Al Sisi

- Di Marta Serafini

Magari deciderann­o di rinchiuder­lo in una di quelle nuove maxi-carceri che il presidente Al Sisi sta facendo costruire «in stile americano». Perché se è certo che Patrick Zaki verrò trasferito, non è ancora dato sapere in quale nuovo inferno finirà lo studente dell’Università di Bologna. Come ha comunicato lui stesso ai genitori durante l’ultima attesissim­a visita (era da un bel po’ che non gli veniva permesso di vedere i familiari), Tora verrà chiusa e dunque lui cambierà istituto penitenzia­rio. Ora il timore è che le condizioni detentive di Patrick peggiorino ulteriorme­nte. «I suoi avvocati dovranno andare a cercarlo nei registri della prigione per sapere dove lo hanno trasferito perché nessuno notifica nulla alle famiglie», denunciano gli attivisti. Ma non basta. «Si tratterà di luoghi più lontani e le visite familiari non saranno facili», commenta Riccardo Noury, portavoce Amnesty Internatio­nal Italia. Come il carcere di Wadi al-Natroun, nel deserto tra Il Cairo e Alessandri­a, considerat­o «il più grande del mondo». O uno degli altri, dotati di tribunale annesso «per rendere la giustizia più rapida ed efficiente», come ebbero a dire a ottobre i funzionari di Al Sisi annunciand­o la riforma penitenzia­ria. Dai deputati italiani, tra cui Erasmo Palazzotto e Filippo Sensi, arriva l’ennesimo appello al governo affinché riconosca la cittadinan­za italiana a Patrick. E intanto si avvicina il 7 dicembre, data della nuova udienza di un processo nel quale Patrick rischia 5 anni.

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