LEGGE DI BILANCIO, SE IL «REDDITO» CAUSA IL BLOCCO
La legge di bilancio è stata negoziata fra i partiti, licenziata in Consiglio dei ministri, illustrata in conferenza stampa. Manca un dettaglio. Non è mai arrivata in Parlamento. Una versione ufficiale non c’è. Il Consiglio dei ministri che ha varato la bozza è di undici giorni fa, eppure sembra improbabile che un testo venga inviato alle Camere prima di mercoledì. Dell’articolato definitivo intanto si sono perse le tracce. C’entrano ragioni logistiche, perché domani e martedì il ministro dell’Economia Daniele Franco sarà impegnato a Bruxelles. Non avrà materialmente tempo di occuparsi degli ultimi ritocchi.
Dietro però ci sono ragioni di fondo, perché i partiti di maggioranza non si sono messi d’accordo su alcuni dei passaggi più sensibili. Il reddito di cittadinanza è il principale terreno del conflitto che si sta consumando da una decina di giorni. Le ultime frodi smascherate e il fatto che in questo 2021 di forte ripresa la platea dei sussidiati stia continuando ad allargarsi (ormai 3,8 milioni di persone vivono in famiglie beneficiarie) segnalano che il sistema è da rifare. Il Movimento 5 Stelle però si oppone a un meccanismo che tolga o riduca l’assegno a chi rifiuti la prima offerta di lavoro «congrua». Come? Per omissione: se l’impresa che incassa il rifiuto non viene obbligata ad avvertirne il centro per l’impiego o l’Inps, in gran parte dei casi non lo farà. Quindi il beneficiario del reddito di cittadinanza potrà tranquillamente continuare a riceverlo, senza dover accettare un lavoro regolare né subire decurtazioni.
Non è questo il solo problema ancora aperto: crea malumori fra i partiti anche la (relativa) limitazione fra i più benestanti di alcuni aspetti di un altro vasto sussidio come il Superbonus immobiliare. Al solito, i partiti si fidano così tanto di Mario Draghi da lasciare il premier da solo a occuparsi di qualcosa che non siano interessi particolari.