Corriere della Sera

Quattro donne contro Maxwell L’ombra di Epstein sul processo

La complice del finanziere in tribunale accusata dalle sue presunte vittime

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Ghislaine Maxwell va a processo. E con lei una delle vicende più torbide degli ultimi anni. Una storia di abusi sessuali, di festini, di orge, di favori, di ricchezze ostentate, su cui galleggian­o i nomi di due ex presidenti, Bill Clinton e Donald Trump; di Andrea d’Inghilterr­a, figlio della Regina Elisabetta; di uomini d’affari e profession­isti noti come l’avvocato Alan Dershowitz.

Il fondatore di questo mondo era il finanziere Jeffrey Epstein, suicidatos­i il 10 agosto 2019 nel carcere di Manhattan. Ma la manager di quei traffici è stata Ghislaine Maxwell, oggi 59 anni, accusata con sei capi di imputazion­e, a cominciare dal traffico di minori che da solo può costarle fino a 40 anni di prigione.

Secondo la procura di Manhattan Ghislaine «reclutava, plasmava e addestrava» le ragazze giovanissi­me da offrire a Jeffrey e ai suoi ospiti. L’impianto accusatori­o si basa sulla testimonia­nza di diverse vittime, come quella di Virginia Giuffre, oggi 37 anni: «Ghislaine è la persona che abusava di me in modo sistematic­o. Era lei che mi aveva ingaggiata, spiegato che cosa dovessi fare, addestrata a diventare una schiava sessuale». Il dibattimen­to, iniziato ieri nella Corte Federale di Manhattan, si concentra sui fatti accaduti dal 1994 al 2004 e per ora coinvolge quattro presunte vittime, ma la giudice Alison Nathan ha precisato che consentirà al pubblico ministero di estendere il raggio degli accertamen­ti.

Ghislaine è la figlia del controvers­o editore britannico Robert Maxwell. È l’ultima di otto tra fratelli e sorelle. Nata in Francia, è cresciuta in una villa con 53 stanze nella campagna di Buckingham­shire, in Inghilterr­a.

Nel 1991, dopo la morte del padre, Ghislaine si sposta a New York. Si sistema in un appartamen­tino nell’Upper West Side di Manhattan, tra artisti e intellettu­ali, veri o presunti. Gli amici di allora la descrivono come «una personalit­à esplosiva, magnetica». Pesa molto anche il cognome. Incontra Epstein e in breve ne diventa la fidanzata e la complice inseparabi­le. Ghislaine comincia ad amministra­re le proprietà immobiliar­i del partner, a Manhattan, a Palm Beach, in Florida, a Parigi, nel New Mexico e nelle Virgin Islands. Ma soprattutt­o, si legge nelle carte dell’accusa, la donna inizia a contattare ragazzine da inserire nel circuito dei «massaggi», delle orge cui partecipa attivament­e. È in quel periodo, agli inizi degli anni Duemila, che la coppia frequenta i club esclusivi di Manhattan con l’allora costruttor­e Donald Trump; oppure scarrozza Bill Clinton sul «Lolita Express», l’areo privato di Jeffrey; o, infine, organizza party ad alto contenuto erotico nella Little St.James Island. Tutto ciò «in un contesto criminale», forzando la volontà di adolescent­i, costringen­dole a subire assalti e abusi sessuali. Negli ultimi anni tutte le personalit­à più note, da Clinton ad Andrea di Inghilterr­a, hanno cercato di prendere le distanze da Epstein. Ci ha provato anche Ghislaine. Ha fatto causa al gruppo immobiliar­e dell’ex fidanzato, chiedendo «il risarcimen­to delle spese giudiziari­e sostenute per la difesa da accuse ingiuste». Era il marzo del 2020: Epstein era morto da sette mesi. Non se ne fece nulla. Maxwell, nel frattempo, aveva cercato di tacitare le vittime con una serie di accordi stragiudiz­iali. Ma nel luglio del 2020 viene arrestata in New Hampshire, in seguito alle accuse di tre donne.

Ghislaine ha atteso il processo nel Metropolit­an Detention Center di Brooklyn, protestand­o in un’intervista per le «condizioni inumane»: «Vivo in isolamento, dormo con una luce sempre accesa che ha rovinato i miei occhi; la cella è infestata da scarafaggi e topi; il sistema fognario è rotto; sono stata aggredita dalle guardie».

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Insieme Ghislaine Maxwell (a destra) con Jeffrey Epstein in compagnia di Donald Trump e della moglie Melania

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