LE SOTTRAZIONI NON AIUTANO GLI STUDENTI
Ècorretto ragionare sui programmi scolastici per sottrazione? L’ultima affermazione del ministro della Transizione ecologica rende legittimo questo interrogativo. Per Roberto Cingolani, infatti, serve più cultura tecnica: allora perché studiare tre o quattro volte le guerre puniche? Sembra evidente che alla richiesta di ampliare gli indirizzi scientifici debba seguire un taglio alle discipline umanistiche (oggi la storia, ieri altri insegnamenti). Mi pare una maniera di procedere scivolosa che rischia di proporre, nuovamente, la sterile e deleteria contrapposizione tra saperi. I veri scienziati (come hanno più volte ribadito Albert Einstein, Murray Gell-Mann, Giorgio Parisi e altri premi Nobel) sanno benissimo che una buona formazione è anche legata alla curiositas e alla capacità di coniugare la scienza con la filosofia, la musica, l’arte o la letteratura. Alla stessa maniera, una cultura umanistica senza una robusta base scientifica non aiuterebbe a capire molti aspetti del mondo in cui viviamo. Per questi ovvi motivi, sarebbe molto più fruttuoso ragionare per addizione: chiedere, cioè, ai nostri studenti uno sforzo in più per ampliare il campo delle loro conoscenze. Ma questa proposta, purtroppo, si scontra con una tendenza che mira a accelerare il conseguimento del diploma, riducendo addirittura da 5 a 4 gli anni di scuola secondaria: dal 2022, infatti, un migliaio di licei e istituti tecnici dovrebbero aggiungersi ai circa 200 che già dal 2018 sperimentano un percorso «breve». Siamo sicuri che questa «fretta» renderà migliori i nostri studenti? Non sarebbe meglio aiutarli a crescere per «addizione» piuttosto che per «sottrazione»? Il sapere, ce lo insegnano i classici, è come l’amore: quando si ama, senza togliere niente a nessuno, si somma uno più uno. Così lo studio di una disciplina si può aggiungere allo studio di un’altra. La tecnica guarda al futuro, è vero. Ma senza il passato non andrà molto lontano.