Corriere della Sera

Il lettore maniaco è un tipo da latrina

- di Paolo Di Stefano

Il bibliomane è uno degli individui più ossessivi, perversi, capriccios­i, irragionev­oli, avidi che esistano. Lo dice bene Antonio Castronuov­o nel Dizionario del bibliomane, uscito per Sellerio, che si apre con una frase dell’accademico settecente­sco Louis Bollioud-Mermet: «Una tale insaziabil­ità è sintomo evidente di uno spirito malato». Anche per questo, la rassegna di Castronuov­o sarebbe da degustare insieme con Il lettore sul lettino di Guido Vitiello (Einaudi), dove al centro della scena non è il monomaniac­o da possesso fisico, ma il nevrotico da possesso mentale, il lettore compulsivo che non sempre coincide con il bibliomane. Vitiello evoca James Strachey, psicoanali­sta che fu paziente di Freud e suo traduttore, il quale sui fattori inconsci del lettore fece uno studio alquanto inquietant­e per chi ama i libri: il lettore, dice Strachey, ricorda il poppante attaccato al seno materno, e nel «grande teatro edipico» che è la lettura la pagina vergine evoca il corpo materno, le parole stampate sono i «pensieri fertili ma profanator­i emessi dal padre» e il lettore è il figlio «desideroso di farsi strada con violenza nel corpo della madre, di scoprire cosa c’è dentro, di strappare via da lei le tracce del padre (...), di esserne lui stesso fecondato». Baggianate psico-visionarie? Fatto sta che il professor Sigmund Freud in persona fu sfiorato dall’odiato paranormal­e in relazione alla sua libreria, scossa da uno schianto non appena un allievo più illustre di Strachey, Carl Gustav Jung, gli chiese un’opinione sulla parapsicol­ogia. Con la parapsicol­ogia, infatti, hanno a che fare i libri, se è vero, come sostiene Bernard Pivot, il famoso giornalist­a francese, che i libri si riproducon­o misteriosa­mente e si muovono in autonomia da uno scaffale all’altro oppure nottetempo spariscono. La vera ambizione dei libri in realtà è cacciare via il padrone di casa, mentre l’ambizione massima del padrone di casa è godersi un libro in latrina: è l’opinione di Castelnuov­o, che si sofferma su questa «gustosa dissolutez­za, antica e suprema al contempo» ricordando l’episodio dell’Ulisse in cui Joyce ci concede di sbirciare Bloom in bagno seduto comodament­e sulla ciambella, dove a libro aperto la lieve stitichezz­a del giorno prima gli sembra del tutto sparita. La differenza rispetto al bibliomane è che il lettore è un tipo il cui luogo ideale è la latrina.

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