Il ritorno di «Gossip Girl», un mondo social per nuove icone
Mai tornare nei luoghi in cui si è stati felici. Così dice la saggezza popolare: è evidente come le serie televisive americane amino molto, invece, tornare nei loro luoghi felici. Anche «Gossip Girl» si è aggiunto alla lunga lista di ritorni di cui siamo stati testimoni negli ultimi mesi (HBO ne ha fatto una vera e propria strategia editoriale), con un reboot di otto puntate (Sky e Now TV).
La serie «culto» per una generazione di teen ager ha rappresentato una vetrina sul meglio di moda, musica, ossessioni e manie della giovane élite di Manhattan, a suo modo una vera e propria aristocrazia con un’organizzazione piramidale, governata da leggi non scritte severe e crudeli. La serie è nata nel 2007, prima della esplosione dei social media, prima di Instagram e TikTok, prima degli influencer: Gossip Girl, la burattinaia che sanciva cadute e tonfi in società dei protagonisti a suon di segnalazioni anonime e ricatti, si celava dietro un blog, strumento che oggi sembra archeologia comunicativa.
Tornare nel 2021, significava come prima cosa aggiornare l’immaginario mediale di riferimento: via i blog, dentro una pagina Instagram, gestita questa volta in segreto dai professori del prestigioso liceo Constance Billard, usata come strumento per non farsi schiacciare dal privilegio sociale dei loro impuniti allievi. Impossibile far tornare i personaggi della serie originale, ormai adulti, così il cast è stato completamente rinnovato, più inclusivo, più gender fluid, con nuove icone di riferimento, nuovi locali da frequentare (e soprattutto da non frequentare).
Il reboot non ha convinto tutti. L’originale era, in fondo, un «guilty pleasure» allegro e mainstream, con una scrittura vezzosa da romanzo epistolare ottocentesco. Qui, il marchio HBO ha spinto verso il tentativo di creare un prodotto autorale, che si prende più sul serio, forse troppo.