Fico: legislatura avanti fino al 2023 Asse tra Letta e Conte sul Quirinale
L’idea di un candidato comune. Il leader dem: no a un presidente con 505 voti, modello Leone
ROMA «A prescindere da tutto, penso che la legislatura debba proseguire fino al 2023, in questo momento d’emergenza l’Italia non credo si possa permettere la campagna elettorale». Roberto Fico si presenta davanti ai giornalisti della stampa parlamentare per gli auguri in vista del Natale e mette subito in chiaro che bisogna svincolare le elezioni dalla corsa per la presidenza della Repubblica. Il presidente della Camera si tiene a debita distanza dal totonomi che ormai ha preso il sopravvento nei palazzi della politica. Non c’è ancora la data in cui i grandi elettori verranno convocati a Montecitorio per il voto sul successore di Sergio Mattarella. «Non la dirò» taglia corto Fico. «L’unica data certa — continua — è quella della lettera che manderò per la convocazione del Parlamento in seduta comune. Il 4 gennaio sarà inviata la lettera e sapremo la data di convocazione del Parlamento».
Fico intende guardare a cosa è successo nel passato, a quella prassi consolidata che prevede il voto in seduta comune tra la seconda e la terza settimana, dunque tra il 18 e il 24 gennaio. Nel 1999, ad esempio, l’allora presidente di Montecitorio Luciano Violante decise di convocare la prima seduta il 13 maggio, ovvero 15 giorni prima della scadenza del mandato di Oscar Luigi Scalfaro.
Nell’attesa di sapere quando sarà il fischio di inizio, si consolida l’asse tra M5S e Pd. Giuseppe Conte, ad esempio, da leader del primo partito in Parlamento afferma: «Siamo in un passaggio molto delicato e complesso, ritengo che sia assolutamente corretto e lo dico da partito di maggioranza relativa che potrebbe sbracciarsi per un nome, che ci sia ampio coinvolgimento di tutti». Anche di Fratelli d’Italia, dunque. Il leader dei 5 Stelle attacca il centrodestra che gioca a fare il kingmaker in virtù del numero maggiore di grandi elettori: «Mi fa sorridere chi parla di primato, chi si assume l’iniziativa di fare nomi». Infine, sempre Conte annuncia: «Non escludo una iniziativa comune con il Pd su una figura di alto profilo morale». Insomma, dalle parti del centrosinistra c’è il sospetto che Salvini e il centrodestra vogliano provare a far eleggere un candidato di parte: Silvio Berlusconi, il sogno di Forza Italia, o comunque «un nome che non abbia la tessera del Pd». Non a caso subito dopo il segretario del Pd batte gli stessi tasti dell’ex premier: «Da Conte ho sentito parole molto importanti: chi tenta l’operazione di elezione al Colle “alla Leone” non ha capito il tempo che sta vivendo questo Paese. Lo dico in maniera netta: un’elezione con 505 voti sarebbe una grave ferita istituzionale al Paese: chi si assume la responsabilità di questo progetto fa un grande danno al Paese». Ancora più esplicito il ministro del Lavoro Andrea Orlando che si oppone al profilo del Cavaliere per il Colle: «L’ho già detto: non lo voteremo. Io non lo voterò». Gli fa eco il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni: «È escluso, anzi esclusissimo, che io lo possa votare». Lo scontro dunque si polarizza. Centrodestra contro centrosinistra. Forza Italia continua a sostenere il Cavaliere. Dice il sottosegretario azzurro Giorgio Mulè: «Per quanto ci riguarda il nome è uno: Silvio Berlusconi». Matteo Salvini, invece, continua il giro di telefonate per provare a unire i grandi elettori attorno a un nome condiviso. Il leader della Lega allarga il confronto a sindaci, presidenti di Province e Regioni e si dice soddisfatto: «Contatti positivi, risposte interessate da parte di tutti, io proseguo il mio lavoro di unione, ascolto e condivisione».
Nel frattempo Matteo Renzi che con Iv gioca a fare l’ago della bilancia consiglia: «Il mio suggerimento è sempre lo stesso: aspettare gennaio».