Riccardo Ehrman, che con una domanda fece cadere il Muro
La più grande BERLINO soddisfazione della sua vita la ebbe probabilmente il 26 maggio 2003, il giorno in cui venne inaugurata la nuova ambasciata d’Italia a Berlino. Era venuto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e al ricevimento ufficiale c’erano nuovi e vecchi protagonisti della politica tedesca. Fra loro, l’ex cancelliere Helmut Kohl. Lui, che lo conosceva bene, si avvicinò e lo salutò con l’appellativo di «cancelliere della riunificazione». Kohl gli strinse affettuosamente la mano e gli rispose: «L’abbiamo fatta insieme la riunificazione». Aveva ragione. Quel gran galantuomo di Riccardo Ehrman, che ci ha lasciati ieri all’età di 92 anni, è entrato nella memoria collettiva come l’uomo che con una sola domanda fece cadere il Muro di Berlino. Ma quel merito, Helmut Kohl lo ha certificato per la Storia.
Successe la sera del 9 novembre 1989, quando il portavoce del Politburo del Partito comunista della Germania Est, Günter Schabowski, annunciò la liberalizzazione dei viaggi all’estero per i cittadini della Ddr. Fu allora che Ehrman, corrispondente dell’Ansa da Berlino Est, pose il quesito fatale: «Da quando entrano in vigore le nuove norme?». Schabowski riprese in mano i fogli che aveva lasciato cadere, diede un’occhiata distratta, poi pronunciò le parole fatidiche: «Per quanto ne so, subito, immediatamente». Furono come le trombe di Giosuè davanti alle mura di Gerico. Bastarono poche ore perché centinaia e poi migliaia di persone si precipitassero ai varchi del Muro, che poche ore dopo vennero aperti. Quella sera stessa, Riccardo Ehrman venne riconosciuto da molti che avevano seguito la conferenza stampa in tv alla stazione di Friedrich Strasse: lo portarono in trionfo. Divenne uno dei volti di quella giornata nella quale, come disse il borgomastro Momper, «i tedeschi furono il popolo più felice della Terra».
Di origine ebreo-polacca, Ehrman era nato a Firenze il 4 novembre 1929 e a 13 anni venne rinchiuso dal regime fascista nel campo di internamento di Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, dove venne liberato dagli inglesi dopo l’8 settembre 1943. Per l’Ansa aveva lavorato in Canada e a New York. A Berlino c’era già stato dalla metà degli anni Settanta, prima di tornarci nel 1985 dopo una parentesi a New Delhi. Aveva finito la sua carriera a Madrid, dove abitava con la seconda moglie Margherita e dove si è spento. La terra sia lieve a un giornalista che ha fatto la Storia.