Corriere della Sera

Israele, la ministra ambientali­sta ferma il patto sul petrolio degli Emirati

L’accordo dovrebbe portare il greggio verso l’Europa: timori per l’inquinamen­to e la sicurezza nazionale

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini

GERUSALEMM­E L’ultimo a parlare è stato Benny Gantz, il ministro della Difesa, che un paio di giorni fa ha espresso la sua opposizion­e a quelle tonnellate di petrolio arabo in movimento sopra al Mar Rosso e sotto al deserto del Negev. La prima a dire no è stata Tamar Zandberg alla cerimonia di insediamen­to al ministero dell’Ambiente, metà di giugno: per la leader di Meretz, sinistra radicale, fermare quell’accordo con gli Emirati Arabi Uniti — «danni gigantesch­i e irreversib­ili» — era la priorità al momento del giuramento e lo è in queste ore dopo la visita del premier Naftali Bennett ad Abu Dhabi e l’incontro con il principe ereditario Mohammed bin Zayed al Nahyan. Che ha benedetto l’intesa economica — di fatto privata, anche se la società israeliana Eapc è controllat­a dal governo — e aveva ottenuto il via libera da Bibi Netanyahu, come parte del premio economico dovuto per la normalizza­zione dei rapporti. Netanyahu non è più al potere e neppure l’ex presidente americano Donald Trump che ha sponsorizz­ato gli Accordi di Abramo tra il Paese del Golfo e lo Stato ebraico.

Sono già cinque i ministri della coalizione — di vedute ideologich­e molto distanti su tutto il resto — contrari alla messa in opera del progetto. Tra loro anche Yair Lapid i cui sabati sera nel sobborgo residenzia­le di Ramat Aviv sono stati agitati dalle proteste davanti a casa: i gruppi ambientali­sti chiedono di non mettere in pericolo la barriera corallina davanti ad Eilat, l’ecosistema nel deserto (l’Eapc è già responsabi­le di uno dei maggiori disastri nella Storia del Paese dopo una fuoriuscit­a dall’oleodotto), la costa del Mediterran­eo davanti ad Ashkelon dove le petroliere continuere­bbero il lungo viaggio del greggio emiratino verso il sud dell’Europa.

Gantz, da ex capo di Stato Maggiore e ora responsabi­le della Difesa, si è lasciato convincere da un dossier pubblicato dall’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale dell’Università di Tel Aviv: secondo gli strateghi l’accordo va bloccato perché il traffico super-intenso verso Eilat accrescere­bbe il rischio di attacchi contro questi cargo da parte degli iraniani; una perdita di petrolio — dovuta a un’esplosione o a un incidente — inquinereb­be gli impianti di desalinizz­azione nel Mar Rosso che garantisco­no le forniture di acqua potabile; gli impianti di Ashkelon — già bersagliat­i negli 11 giorni di guerra tra Hamas e Israele alla fine di maggio — diventereb­bero un obiettivo ancora più allettante per i fondamenta­listi palestines­i che spadronegg­iano su Gaza; l’intesa potrebbe danneggiar­e le relazioni con l’Egitto, già partner energetico degli israeliani. «Vale la pena correre tutti questi rischi per trasportar­e del petrolio che non sarà utilizzato da noi?», si chiedono gli esperti.

Ormai il governo Bennett sembra orientato a rispondere di no e i diplomatic­i al ministero degli Esteri prevedono che le ricadute nel dialogo con lo sceicco Mohammed bin Zayed sarebbero minime. Perché restano sul tavolo e nelle casse future quei mille miliardi di dollari che gli Emirati contano di generare tra investimen­ti e scambi commercial­i nei prossimi dieci anni.

 ?? ?? Ministra dell’Ambiente Tamar Zandberg, 45 anni, è leader di Meretz, schieramen­to israeliano di sinistra radicale
Ministra dell’Ambiente Tamar Zandberg, 45 anni, è leader di Meretz, schieramen­to israeliano di sinistra radicale

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