Bce, acquisti di titoli e tassi a zero La partita tra falchi e colombe
Le decisioni di domani. L’inflazione tedesca, la ripresa italiana e le mosse della Fed
Che l’emergenza continui lo mostra lo stesso formato in cui il vertice della Banca centrale europea si sta riunendo per decidere se preparare un ritorno alla normalità. Il presidente della Bce, lo spagnolo Luis de Guindos, è in isolamento per risultato positivo al Covid. Il resto del Consiglio direttivo si riunisce da oggi solo in versione digitale, perché la variante Omicron continua fa paura anche ai banchieri centrali. Quanto poi questa precarietà persistente influenzi le scelte che saranno spiegate giovedì dalla presidente Christine Lagarde resta da vedere, perché nella banca centrale convivono letture diverse di una realtà contraddittoria.
All’inizio di dicembre la Bce
aveva compiuto interventi legati all’emergenza pandemica per quasi duemila miliardi e aveva in bilancio titoli per oltre tremila miliardi di euro. Gli acquisti sono stati così massicci da aver coperto più dell’intera offerta netta di nuovo debito da parte dell’Italia (e degli altri governi) nel biennio della pandemia. La determinazione all’interno della torre a 48 piani affacciata sul Meno ha fatto la differenza, perché di fatto è la Bce ad aver permesso che le imprese fossero indennizzate e i cassaintegrati pagati durante i lockdown più duri. Ora però l’inflazione in area euro ha fatto registrare il 4,9% in novembre, il livello più alto nella storia dell’unione monetaria. In Germania è al 5,2%, un ritmo di aumento dei prezzi che la popolazione non vedeva dall’inizio degli anni ‘90.
Non sorprende se proprio i banchieri centrali tedeschi si stiano chiedendo di mettere fine agli acquisti della Bce dai prossimi mesi e, dopo breve tempo, iniziare ad alzare i tassi. Isabel Schnabel, che siede nel direttorio della Bce dopo un’esperienza fra i consiglieri economici del governo di Berlino, l’8 dicembre ha dato un segnale: «Le banche centrali devono riconoscere che le loro azioni hanno il potenziale di contribuire all’accumulo di rischi per la stabilità finanziaria», ha detto. Schnabel sembra ormai fuori dalla corsa per succedere al presidente della Bundesbank Jens Weidmann, oggi al suo ultimo vertice della Bce. Ma l’indicazione dell’economista tedesca è chiara: mira a chiudere a marzo il piano di interventi di emergenza (il Pepp), sostituendolo con un rafforzamento degli acquisti ordinari da chiudere magari dopo l’estate; tutto sarebbe dunque pronto per un aumento dei tassi della Bce a dicembre o a inizio 2023, potenzialmente in piena campagna elettorale per le politiche in Italia.
La lettura di Schnabel però non è egemone a Francoforte. Due giorni dopo di lei, Fabio Panetta ha sostenuto argomenti molto diversi. L’italiano nell’esecutivo della Bce ha mostrato come l’inflazione nell’area euro ad oggi sia strutturalmente diversa da quella americana - ormai salita al 6,8% - che spingerà oggi stesso la Federal Reserve ad accelerare ancora la fine dei suoi interventi sul mercato. La spesa per consumi delle famiglie europee nel terzo trimestre di quest’anno resta sotto ai livelli pre-Covid (a differenza che negli Stati Uniti). Tolto l’impatto dei rincari sul cibo, sull’energia e tolto il ritocco una tantum all’Iva in Germania, l’aumento dei prezzi in area euro resta ancora sotto al 2%. Plausibile dunque che l’indice del carovita scenda in area-euro automaticamente nel 2022, un’ipotesi che l’Economist ritiene fondata. Per ora del resto i contratti collettivi di lavoro non mostrano segni di rialzi, al contrario. Panetta propone dunque di continuare gli acquisti della Bce per tutto il 2022, con una riduzione solo graduale per evitare una stretta dei tassi di mercato. Possibile che giovedì emerga un compromesso, con un nuovo pacchetto di acquisti della Bce più piccolo nel 2022 e condizionato all’evolvere del quadro, mese dopo mese. Per l’Italia, il margine di errore dei partiti in questo scorcio di legislatura si restringe sempre di più. Delegare la tenuta del debito a Francoforte diventerà presto un lusso del passato.
I prezzi
L’inflazione dell’area euro ha registrato il livello record del 4,9% a novembre