Corriere della Sera

Dusan ricorda più Batistuta che Ibrahimovi­c per potenza e colpi

Il viola è completo, categoria fuoriclass­e

- di Mario Sconcerti

Vlahovic non è l’ultima idea, viene da lontano. A quindici anni aveva già giocato nella Stella Rossa e nel Partizan, una contraddiz­ione in termini riuscita a pochissimi. A sedici fu l’esordiente più giovane del campionato serbo. A ventuno protagonis­ta contro il Portogallo e Serbia al Mondiale, dove noi ancora non siamo.

La Fiorentina lo pagò un milione e mezzo quasi cinque anni fa quando Pantaleo Corvino, vecchio artigiano, prese un aereo per Belgrado e andò a parlare con la famiglia. Offrì un contratto di cinque anni, la bellezza di Firenze per conforto e la fortuna dei Della Valle come garanzia. Oggi Dusan Vlahovic segna quanto Ronaldo e nessuno alla sua età. È una sorpresa anche nel tempo. A ventuno anni Inzaghi era a Piacenza e segnava 15 reti; Vieri era a Venezia in B e ne segnava 11; Toni alla Lodigiani in serie C e non contava quanto segnasse.

Vlahovic è sempre stato se stesso, non ha mai sorpreso, era una realtà fin dall’inizio. A Firenze rimase sottotracc­ia il primo anno perché aveva diciassett­e anni e non poteva essere ancora tesserato. Appena firmato vinse la classifica cannonieri del torneo Primavera portando i ragazzi della Fiorentina a vincere la Coppa Italia.

Vlahovic diventerà uno dei pochi fuoriclass­e degli anni venti. Noi amiamo scambiare per nostra comodità i giocatori campioni per fuoriclass­e, ma non è vero. I campioni sono tanti, i fuoriclass­e sono uno su mille. Da cosa si riconoscon­o? Da come trasforman­o le squadre. Il fuoriclass­e prende una squadra normale e la porta dove non è mai stata, la porta a vincere. È l’effetto Riva, l’effetto Maradona, l’effetto Pulici. Oggi chi ha Vlahovic vince.

Il suo prezzo rappresent­a il prezzo per comprarsi un campionato. Datelo al Milan e vincerà. Datelo alla Juve e la vedrete cambiare faccia. Datelo all’Inter e continuerà tranquilla la sua strada. Non compri un giocatore, compri un mezzo. Restasse a Firenze in due anni vincerebbe anche la Fiorentina, come allora Cagliari, Napoli e Lazio. Sono giocatori che sottometto­no tempo e gerarchie.

Credo sia il nome slavo ad accostare Vlahovic ad Ibrahimovi­c. Alla sua età Ibra era nell’Ajax, segnò 35 gol in quattro anni. Vlahovic ne ha segnati già oggi 42. Vlahovic ha cinque centimetri e venti chili meno di Ibrahimovi­c. Il peso ha sempre fatto di Ibrahimovi­c un giocatore che amava più costruire la fase d’attacco. Con il tempo l’ha riassunta in se stesso. Supera i 20 gol a 27 anni nell’Inter, arriva a 28 gol nel Milan, supera i 30 nel Paris Saint Germain. Vlahovic è più punta del giovane Ibra, non gioca altrettant­o bene a calcio, ma è difficile accorgerse­ne.

Cercando un paragone è più facile arrivare a Batistuta, anni novanta, un altro calcio. Batistuta a ventuno giocava nel Boca e segnava 11 reti. A Firenze arrivò a 22 e segnò

13 reti, 16 nei due campionati successivi. Batistuta esplode nel tempo. Per facilità di gestione della propria potenza e voglia di allenarsi, Vlahovic gli è molto vicino. Ha le stesse movenze da cacciatore isterico, trema anche lui nell’attesa di correre. Si sente un territorio inesplorat­o, vuole capire i confini. Vlahovic è il giocatore completo di un’ epoca a

un passo dall’intelligen­za artificial­e. È così vicino all’esattezza da sembrare il figlio di un algoritmo.

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(Ansa/LaPr.)

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