Corriere della Sera

Tosse, mal di gola «Omicron causa disturbi lievi a 9 vaccinati su 10»

Le indicazion­i raccolte da Oms, Regno Unito, Sudafrica «Indenni i polmoni e i recettori di gusto e olfatto»

- Di Margherita De Bac

ROMA Sta rapidament­e «conquistan­do» il mondo e potrebbe presto soppiantar­e del tutto l’attuale ceppo più diffuso, il Delta. È Omicron, variante del virus Sars-CoV-2, fuoriuscit­a da focolai in Botswana e Sudafrica, dichiarata «preoccupan­te» il 26 novembre dall’Organizzaz­ione mondiale della Sanità. In un mese si sono accumulati i dati che smentiscon­o la sua pericolosi­tà: nove pazienti su dieci (l’89%) se vaccinati accusano disturbi comuni, di breve durata, paragonabi­li a un’infreddatu­ra: tosse, mal di gola, febbre. Lo aveva anticipato prima di Natale il direttore di Oms Europa, Hans Kluge. Ora dil’italiano versi studi preliminar­i vanno in questa direzione.

Omicron è una lettera dell’alfabeto greco, utilizzato per battezzare le diverse versioni con cui il microbo responsabi­le della pandemia ha colpito in questi due anni di emergenza. Tutto è iniziato con Alfa (nata in Cina), poi Beta (sempre in Sud Africa), Gamma (Brasile) e Delta, per citare solo i ceppi che hanno procurato allarme (rientrato per Beta e Gamma). Molte ancora le incognite che circondano Omicron, il cui obiettivo appare lo stesso di molti suoi consimili: trovare una forma di convivenza con l’uomo.

Cosa sappiamo

Omicron è più forte sul piano della trasmissib­ilità. Per esemplific­are: se in una stanza c’è una persona infetta, sei rischiano di prendere il virus (uno solo se c’è un portatore di Delta). Non ci sono prove che sia più aggressiva. Al contrario, come afferma l’Oms riprendend­o uno studio inglese (Zoe Covid), sembra che si accompagni a sintomi più lievi della variante che l’ha preceduta, simili al raffreddor­e.

Colpirebbe infatti prevalente­mente le alte vie respirator­ie (gola e bronchi) lasciando indenni i polmoni, senza intaccare i recettori del gusto e dell’olfatto. Queste le conclusion­i anche di uno studio molto preliminar­e condotto in Sudafrica analizzato la scorsa settimana in un meeting della Società europea di microbiolo­gia, presidente Maurizio Sanguinett­i. Parlano inoltre i bollettini quotidiani: pochi morti in proporzion­e ai positivi.

Cosa non sappiamo

In Italia Omicron è in decisa crescita. Contano le stime. Secondo un’indagine dell’Istituto superiore di sanità basata su analisi preliminar­i dei tamponi raccolti il 20 dicembre, potrebbe avere un’incidenza di circa il 30%, con forti variabilit­à regionali. I dettagli sono attesi domani. Secondo i calcoli del fisico Roberto Battiston, la variante era al 45% il giorno di Natale. E ieri il sottosegre­tario alla Salute Pierpaolo Sileri ha dichiarato che il 50-60% dei positivi potrebbero essere stati infettati da questo ceppo che ha un tempo di raddoppio di circa 2 giorni. Il 3 gennaio è stata programmat­a una nuova sorveglian­za flash dell’Iss.

Le certezze sul vaccino

I primi risultati arrivano dal Regno Unito, dove Omicron ha cominciato la sua rapida ascesa in anticipo rispetto al resto d’Europa, fenomeno intercetta­to tempestiva­mente grazie all’intensa attività di sequenziam­ento dei genomi virali. Si è osservata una diminuzion­e della capacità dei vaccini, se somministr­ati con doppia dose, di proteggere da infezione e malattia lieve. Restano però efficaci nella prevenzion­e di forme gravi di Covid. Il richiamo (terza dose booster) alza la barriera sia contro la malattia lieve sia contro le forme gravi.

La «tenuta» dei test

Con la nuova variante sono considerat­i validi sia i tamponi molecolari sia gli antigenici rapidi. Nel complesso, quindi, l’impatto di Omicron sulla diagnostic­a è irrilevant­e. La sensibilit­à dei test antigenici rapidi rimane comunque bassa: questi tamponi dovrebbero essere consigliat­i solo quando si accusano sintomi.

Il fisico Battiston: a Natale il ceppo era al 45%. Sileri: forse siamo già tra 50 e 60%

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