Da un patto di famiglia (i Medici) la Galleria che ha cambiato l’arte
Nel 1737 Anna Maria Luisa a Firenze mise in sicurezza i capolavori del casato e nel 1769 i Lorena aprirono gli Uffizi al pubblico: storia e sfide di un’istituzione
FIRENZE L’ultima riapertura è di un paio di settimane fa. Dopo una chiusura di venti anni e un restauro lungo due, agli Uffizi è tornato fruibile dal pubblico il Terrazzo delle carte geografiche. Qui, a fine Cinquecento, Ferdinando I granduca di Toscana fece realizzare due enormi mappe dei possedimenti medicei, all’incirca tutta la Toscana. In tempi più vicini, nel 1996, Dario Argento girò qui la scena del film La sindrome di Stendhal in cui la protagonista, la figlia Asia, perde i sensi sopraffatta da tanta bellezza. Oggi i visitatori tornano a goderne, insieme a una vista insolita sulla città.
C’è sempre un buon motivo per tornare a visitare gli Uffizi, trovandoli ogni volta nuovi e più ricchi. La guida d’eccezione che i lettori del «Corriere della Sera» troveranno domani in omaggio in edicola dà uno strumento in più. È il primo volume della collana «Musei del mondo» curata da Philippe Daverio, lo storico e critico d’arte scomparso lo scorso anno. Dopo il primo volume, le successive uscite saranno ogni mercoledì con «Corriere della Sera» e «Gazzetta dello Sport» a 8,90 euro oltre al prezzo del quotidiano:
volumi illustrati, rigorosi scientificamente ma dal taglio divulgativo; ciascuno racconta una collezione con aneddoti e curiosità, affrontando una selezione dei capolavori più significativi nelle schede di approfondimento.
La storia degli Uffizi comincia con l’affermazione dei Medici su Firenze con Cosimo I: è lui ad affidare a Giorgio Vasari la costruzione dell’edificio. Sarà Francesco I nel 1581 ad avere l’idea di allestire all’ultimo piano una galleria di opere d’arte. La collezione si accresce e si ingrandisce; finché nel 1737 Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima discendente diretta della famiglia, impone al successore Francesco di Lorena il cosiddetto «Patto di famiglia», rendendo inalienabile il patrimonio, legandolo per sempre alla città di Firenze ed evitando così la dispersione di opere avvenuta altrove. Nel 1769 il granduca Pietro Leopoldo apre la Galleria al pubblico. E «l’apertura pubblica del museo divenne rapidamente motore di cultura successiva», come sottolinea Daverio nel volume in regalo domani con il «Corriere».
Un ruolo di faro culturale che il museo fiorentino ha conquistato sempre più. Negli ultimi anni il direttore tedesco Eike Schmidt (qui dal 2015) ha dato un’impronta dinamica su più fronti: riorganizzazione di spazi, espansione sul territorio (gli «Uffizi diffusi»), comunicazione, non solo con la (discussa) operazione Chiara Ferragni: il museo ha vinto lo scorso anno il Compasso d’oro per il design del logo ed è stato tra i primi a sbarcare su TikTok.
Dal 2006 si attende che venga finalmente completato il progetto dei Nuovi Uffizi, cui si aggiunge l’odissea della loggia all’uscita progettata da Arata Isozaki e a lungo bloccata finché il ministro Dario Franceschini non ha annunciato che il progetto sarà portato a termine. La gru degli Uffizi è ormai parte dello skyline cittadino: nella Firenze delle polemiche e dell’ironia qualcuno le ha persino aperto un profilo Instagram.
Il 2022 in arrivo sarà invece l’anno di un importante ritorno: quello del Corridoio Vasariano: il percorso soprelevato che unisce Palazzo Vecchio, gli Uffizi, Ponte Vecchio, il giardino di Boboli e Palazzo Pitti è stato chiuso al pubblico nel 2016. Tornerà fruibile, più accessibile e con un allestimento rinnovato. Per la riapertura è stata ipotizzata la data del 27 maggio, anniversario della strage di mafia di via dei Georgofili che nel 1993 uccise cinque persone e danneggiò gravemente la galleria stessa.
Nel volume del «Corriere», naturalmente, trovano spazio il racconto e la descrizione dei tanti capolavori del museo; solo per citare alcuni degli arComics
Novità
Il 2022 segnerà il ritorno del Corridoio Vasariano: il percorso è stato chiuso nel 2016
tisti: Giotto, Beato Angelico, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leonardo, Botticelli, Bellini, Perugino, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Caravaggio. Oggi il progetto «Uffizi diffusi» del direttore Schmidt «espande» la collezione coinvolgendo tutta la Toscana, da Montelupo Fiorentino all’Isola d’Elba. Idea che si è guadagnata i riconoscimenti di «Time» e di «Apollo Magazine». Mentre il periodico culturale «Timeout» ha incoronato quest’anno gli Uffizi come miglior museo al mondo in una top ten in cui ha superato Louvre, Ermitage o Moma. Gli Uffizi attuali dialogano con la contemporaneità, con le forme artistiche e comunicative che parlano all’oggi: il museo ha siglato ad esempio un accordo con la più importante manifestazione fumettistica italiana, Lucca
& Games, che ha portato, tra l’altro, all’ingresso in collezione di 52 autoritratti di importanti disegnatori italiani. E a febbraio è entrata per la prima volta in collezione la street art, con il dono dell’artista britannico Endless.
Gli Uffizi sono attivi anche sul fronte dell’inclusione. Ad esempio con il progetto «Fabbriche di storie»: un percorso audio sul sito del museo con una serie di opere raccontate non da storici dell’arte o guide turistiche, ma da persone, di origine straniera in particolare, che intrecciano il loro vissuto con il racconto del dipinto che hanno davanti. E il museo si è reso più a misura di bambino, con addetti (identificati da una spilla «UffiziKids») che indirizzano le famiglie sui percorsi pensati appositamente per i più piccoli.