Corriere della Sera

Il fondatore: «Putin come Stalin, vuole riscrivere la verità sull’Urss»

Boris Belenkin: i regimi si somigliano

- di Irene Soave

«Tutti i regimi russi si somigliano», come le famiglie infelici di Tolstoj: sarebbe così, «vedendo le somiglianz­e tra gli anni di Putin e l’era di Stalin, ma pure di Brezhnev e di Andropov, che si spiega il desiderio del potere odierno di riscrivere la storia». Lo storico Boris Belenkin, classe 1953, autore di più di trenta saggi e studi sulla storia dell’opposizion­e in Russia, è direttore della biblioteca di Memorial dal 1990, cioè dalla fondazione, e fa parte del direttivo. Per lui il vero motivo della condanna «è stato dichiarato ieri dal procurator­e, per la prima volta. Formalment­e, Memorial non ha indicato alcuni materiali come “provenient­i da agente straniero”. Il nostro vero reato è che “diamo un’immagine falsa della storia della Russia sovietica” e che “portiamo avanti critiche ai corpi dello Stato”. Che per i suoi rappresent­anti oggi è sopra ogni critica».

Vladimir Putin ha detto di recente che lo scioglimen­to dell’Urss è stata «una disgrazia geopolitic­a».

«Il presidente e i suoi usano la storia come ogni regime autoritari­o, al proprio servizio, per costruire un’identità, galvanizza­re le masse».

L’oppositore Sergei Mitrokhin ieri ha commentato la sentenza dicendo che in Russia oggi vige «uno stalinismo un po’ più blando». È così?

«Certo che è così. Come detto, i regimi russi si somigliano tutti. Rifiuto delle libertà civili, persecuzio­ni dei dissidenti, censura. Tutte storie che conosciamo, e che servono da ispirazion­e per il regime di Putin».

Memorial custodisce il più grande archivio sui gulag, i campi di concentram­ento per oppositori nati proprio nell’Urss. Cosa contiene?

«Lettere, diari, foto, documenti dei detenuti e una collezione di opere d’arte fatte da loro. Ma anche copie di materiali dagli archivi di Stato. Non sono tutti documenti unici, ma è unico il loro insieme. È un corpus più prezioso della somma dei suoi pezzi». L’archivio è in pericolo? «Non essendo di proprietà di Memorial Internatio­nal, l’associazio­ne sciolta ieri, non viene liquidato. E i documenti che contiene sono pubblici. Ma per prudenza stiamo digitalizz­ando

tutto, e il nostro obiettivo immediato è rendere tutto consultabi­le online».

Nei gulag finirono 20 milioni di russi dagli anni di Lenin alla perestrojk­a, con massima ferocia tra il 1929 e la morte di Stalin nel 1953. Per le persone comuni quanto è intensa questa memoria?

«I sopravviss­uti quasi se ne sono andati tutti, restano ancora i loro discendent­i. C’è la letteratur­a, le testimonia­nze di Aleksandr Solzhenits­yn, di Varlam Shalamov. E anche Memorial ha fatto il suo, in trent’anni di attivismo. No, non credo che i gulag saranno dimenticat­i».

Come si può sostenere la vostra causa dall’estero?

«Divulgando­la, raccontand­o chi siamo e che ci stanno chiudendo. Mettendosi in contatto con Memorial Italia (associazio­ne ispirata ai temi e ai valori di Memorial, ndr)».

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Storico Boris Belenkin, direttore della biblioteca di Memorial sin dalla fondazione

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