Russia, chiuso lo storico gruppo per i diritti
Sciolta Memorial International, che fu presieduta da Sakharov. Riabilita le vittime delle repressioni sovietiche
Oltre a essere una organizzazione che tenta di salvaguardare i diritti delle persone nella Russia di oggi, Memorial — la più vecchia e importante ong russa — ha un’altra caratteristica che la rende invisa ad alcuni settori dell’apparato statale: continua da decenni a occuparsi delle repressioni sovietiche.
Così ieri la Corte Suprema non ci ha pensato due volte a decidere che deve essere sciolta. La sentenza riguarda per ora Memorial International, che è solo una parte dell’organizzazione il cui primo presidente fu il dissidente e Nobel per la pace Andrei Sakharov. I dirigenti hanno subito fatto sapere che presenteranno appello e proseguiranno nel loro lavoro. È però arduo pensare che la possano spuntare.
Tecnicamente la delibera della Corte è basata su inadempienze che hanno fatto seguito a un’altra sentenza che nel 2016 definì Memorial «agente straniero». L’organizzazione avrebbe continuato a non indicare sempre questa etichetta che in Russia ha un valore particolarmente negativo (in pratica: spia straniera). Ma è chiaro che stiamo parlando solamente di formalità. E Memorial dava fastidio da molto tempo. Suoi esponenti sono stati messi sotto accusa e arrestati, a volte con pretesti che nulla avevano a che fare con la loro reale attività, come Yurij Dmitriev, condannato a 15 anni per «pedopornografia», o Oyub Titiyev processato per «possesso di droga». Altri, come Natalia Estemirova che indagava sulle torture in Cecenia, hanno perso la vita.
È però anche, se non soprattutto, l’attività di ricerca, di «scavo» negli archivi che non va giù a quei settori del potere di cui parlavamo prima. E la Corte Suprema, accogliendo in pieno la richiesta della Procura generale, lo ha chiarito in maniera inequivocabile. «Memorial crea una falsa immagine dell’Unione Sovietica come Stato terrorista». Ora, è ovvio che se si riabilitano le vittime delle repressioni staliniane, implicitamente si sostiene che lo Stato in quell’epoca infieriva su persone innocenti. Cosa che è nota a tutti, visti gli studi e i documenti di tutti questi anni. In epoca sovietica nell’Urss milioni e milioni di persone furono imprigionate, deportate in quello che Solzheniglia tsyn definì l’Arcipelago Gulag, trucidate. Lo denunciò per primo il successore di Stalin Krusciov e da allora non è mai stato negato.
Ma la narrazione del mondo dei servizi segreti dal quale proviene Vladimir Putin è leggermente diversa. Vale a dire che pone l’accento soprattutto sulla grande e nobile battacontro il nazismo. E se chi combatteva i tedeschi invasori e assassini era «buono», diventa difficile ritenerlo allo stesso tempo un repressore del proprio popolo.
Perfino Aleksandr Yakovlev che era stato il braccio destro di Gorbaciov nel periodo delle grandi trasformazioni, si trovò a cozzare contro gli uomini del Kgb quando si occupò della riabilitazione delle vittime delle famigerate purghe. In un’intervista negli anni Novanta, mi raccontò che quando chiedeva i fascicoli al Kgb in qualità di capo della commissione presidenziale, le carte gli venivano negate.