Corriere della Sera

«Io immigrato in Italia voglio tornare in Senegal per fare il presidente»

M’backè Sarr, imprendito­re a Bergamo, si candida alle elezioni

- Donatella Tiraboschi

«Io voglio che i miei figli possano restare e trovare lavoro in Senegal, nella loro terra».

Quanti figli ha?

«Al momento nessuno, non ho ancora moglie, ma devo trovarla in fretta. Non ci ho mai pensato perché ho preso l’indole bergamasca che è quella del lavoro, lavoro e ancora lavoro. Ma è giusto che un presidente della Repubblica abbia una famiglia».

Le elezioni presidenzi­ali in Senegal si terranno nel 2024 (il sistema semipresid­enziale, con un mandato di cinque anni, ha visto nel 2019 la riconferma di Macky Sall, leader di Alleanza per la Repubblica) ma per M’backè Sarr, 51 anni nato a Dakar e ora residente a Ponte San Pietro, provincia di Bergamo, la campagna elettorale è già iniziata. Correrà come leader di un movimento da lui fondato e di cui non svela (ancora) il nome.

«È ancora presto, lo dirò tra qualche tempo. In Senegal esistono solo due grossi partiti, quello socialista e quello democratic­o, nei quali non mi sono mai riconosciu­to».

Lei è già in corsa.

«Voglio fare le cose per bene. A gennaio andrò in Senegal per i primi incontri con i miei sostenitor­i e poi inizierò un tour in Europa. Mi rivolgerò ai miei connaziona­li per cambiare il nostro Paese in modo drastico».

Con quali programmi? «Laggiù non è mai stato fatto nulla, non c’è un sistema sanitario in grado di curare la gente, né piani di sostegno alimentare. Ci sono corruzione ed emigrazion­e».

Anche lei è un immigrato. «Avrei voluto fare l’ingegnere elettronic­o, ma quando si è trattato di iniziare l’università in Canada la mia famiglia non aveva più soldi per farmi studiare. Così ho chiesto aiuto a mio fratello che lavora a Bergamo. Vieni, possiamo farcela, mi ha detto».

È stato così?

«Avevo 31 anni e sono partito pieno di speranze, ma in aereo fortunatam­ente e non su un gommone. Sono arrivato che era estate e per qualche tempo ho raccolto pomodori al Sud. Poi a Bergamo ho fatto di tutto; dal facchino all’operaio metalmecca­nico, al portinaio. La svolta nel 2005. In un Golf Club trovo posto come master caddy».

In pratica era responsabi­le delle sacche con i ferri depositate in magazzino.

«Sì e anche del funzioname­nto delle macchinine dei soci. Mi sono appassiona­to all’ambiente, allo sport e così ho frequento una Scuola nazionale di golf a Sutri, provincia di Viterbo, prima di assumere per tre anni, dal 2017 al 2020 l’incarico di direttore del circolo dove avevo iniziato come magazzinie­re».

Adesso però lei è un imprendito­re.

«Ho dato vita ad una cooperativ­a che dà lavoro a circa 50 dipendenti. Offriamo diversi servizi, ma soprattutt­o facchinagg­io. Mi rende orgoglioso poter aiutare i miei connaziona­li e chi ne ha bisogno».

Intanto lo slogan della sua campagna elettorale è già pronto.

«Sì, ed è in inglese: “We are one”, noi siamo una cosa sola. Noi siamo uniti e insieme siamo qualcosa di grande».

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