Corriere della Sera

Palermo, come perdersi nell’eleganza di una città fatta di culture eclettiche

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«L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita». Prima di entrare al Teatro Massimo, salendo la scalinata maestosa, chi alza lo sguardo trova una scritta che domina e spiega tutto. Nel 1891, quando fu completato, sfidava l’Opéra di Parigi e la Staatsoper di Vienna, era il terzo teatro dell’opera più grande in Europa e il punto di arrivo in un lungo cammino di Palermo nella storia. Un trionfo di eleganza che incanta e lascia immaginare la città che si apriva ancora una volta al mondo con un pezzo di nobiltà e famiglie borghesi visionarie, come i Florio, artefici del fulgore di Palermo a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Gli spazi sontuosi saranno il benvenuto del Viaggio del Corriere, dal 24 al 27 marzo, il primo passo in una città unica. Perché a Palermo l’arte ha davvero rinnovato i popoli, ha miscelato ed eternato tante visioni del mondo. Il patrimonio arabo-normanno della «felicissim­a», tutelato dall’Unesco, è il simbolo di un incontro magico di culture avvenuto un millennio fa, il più eclatante in un’isola aperta, al centro del Mediterran­eo, dove nel tempo hanno trovato posto innesti di fenici, greci, romani, francesi, spagnoli.

La magia del XII secolo travolge chi entra nella Cappella palatina, dentro Palazzo dei Normanni. È nelle sue pareti istoriate di mosaici in oro che inebriano chi sa cogliere anche i dettagli in quell’armonia di colori ed è nel Cristo Pantocrato­re che accoglie chi entra, un filo rosso che percorre un’arte esclusiva, figlia della fusione tra l’eredità dell’emirato e il nuovo orizzonte dei re venuti da lontano. Lo ritroverem­o a Monreale, nel maestoso duomo che abbraccia il visitatore con più di 6 mila metri quadrati di mosaici, prima di accompagna­rlo al magnifico chiostro, tra gli infiniti decori delle colonne e le storie cesellate nei suoi capitelli. Poi la combinazio­ne straordina­ria della cattedrale, dove il gotico si sposa alle linee arabeggian­ti e riposa lo «stupor mundi» Federico II, e lo splendore multiforme della chiesa della Martorana.

Proprio di fronte, dalle terrazze del monastero di Santa Caterina — dove gli occhi si perdono tra le meraviglie del centro storico — con Laura Anello, presidente della fondazione Vie dei Tesori, conoscerem­o magnifici segreti nascosti e riportati alla luce. Proprio come il monastero, dove mani sapienti preparano i dolci nella scia delle monache di clausura passate alla storia della città.

E prima di un tuffo nel barocco, nel candore abbagliant­e degli stucchi di Giacomo Serpotta, Cefalù aprirà le sue porte, con il duomo, altro gioiello arabo-normanno, e il mistero lasciato da Antonello da Messina. È il «Ritratto d’ignoto marinaio» che ispirò Vincenzo Consolo, con quell’«increspatu­ra sottile, mobile, fuggevole dell’ironia, velo sublime d’aspro pudore con cui gli esseri intelligen­ti coprono la pietà».

 ?? ?? Soffitto In alto, la volta della Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, nota come La Martorana, una delle più belle della città
Soffitto In alto, la volta della Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, nota come La Martorana, una delle più belle della città
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