Corriere della Sera

«Voglio essere libera di amare il calcio come la filologia»

- Marialetiz­ia Volpe,

Sono una studentess­a universita­ria di 23 anni presso la Federico II di Napoli. In futuro vorrei diventare una filologa classica, amo latino e greco e tutto quanto di filosofico e letterario è stato espresso in queste due lingue antiche. Ho un’altra passione: il calcio. La mia famiglia e, in particolar­e, mio padre mi ha trasmesso l’amore per il Napoli. Le prodezze calcistich­e del «D10S» Diego Armando Maradona sono ancora vive nelle memorie di mio padre, che, da giovane tifoso napoletano, negli anni 80 si recava spesso allo stadio di Fuorigrott­a per assistere alle straordina­rie giocate del Pibe de oro. Questo tifo molto vivo in famiglia mi ha coinvolta sin da bambina, motivo per il quale ancora oggi non mi perdo neanche una partita del Napoli in tv o, quando possibile, allo stadio Maradona. Nulla di strano fin qui. Il problema è che sono donna. Sì, perché per alcuni, ancora oggi, l’essere donna e l’amare il calcio sono in contraddiz­ione. Qualche giorno fa sotto a un post relativo alla vittoria del Napoli, oso commentare con uno spontaneo «Forza Napoli sempre», esprimendo la mia umile e pacifica opinione sull’annullamen­to del gol per fuorigioco al Milan. Apriti cielo. Subito, sotto a quel post, arriva una sfilza di risposte con insulti e offese al Napoli e al mio essere donna. Mi hanno detto che non sapevo neanche, come potevo, del resto, essendo donna, di che forma fosse il pallone, e che non dovevo occuparmi di calcio e uno addirittur­a mi ha lasciato un «vai a stirare» (ma io già amo aver cura della casa e aiutare mia madre). Concludo: è possibile che io o una mia amica possiamo sbagliare l’interpreta­zione e il giudizio di un episodio calcistico, ma non per questo dobbiamo essere attaccate come donne. Voglio essere libera di poter parlare di filologia, di faccende domestiche e anche di calcio, perché no.

Napoli

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