L’outsider di Sanremo
Ditonellapiaga: «Il nome d’arte? Nato per caso su Instagram Con Rettore un brano erotico»
«Ditonellapiaga chi?». È lei stessa a dirlo. «Il giorno dell’annuncio di Amadeus al Tg1 mi sono immaginata così la reazione della gente davanti alla tv. Tocca a me convincerli che me lo merito». Ditonellapiaga è una delle sorprese del cast di Sanremo, come la coppia Highsnob-Hu o il cantautore impegnato Giovanni Truppi. Lei è sconosciuta al grande pubblico ma anche nell’underground (una mezza dozzina di canzoni e 8 mila follower su Instagram) ma è in gara nei Big in coppia con Donatella Rettore. La loro canzone si chiama «Chimica» e completerà l’album di debutto «Camouflage», in uscita il 14 gennaio. «Un pezzo erotico, sia nella musica che nel testo, con tonalità dance — racconta —. Donatella mi ha accolta come una figlia».
Ditonellapiaga chi? Risponda lei...
«Sono una cantautrice. Scrivo melodie e testi. Lavoro con BBprod, duo di produttori amici dai tempi dell’università. Il progetto mi rispecchia per quello che sono e per quello che vorrei essere: eclettica e teatrale».
La carta d’identità?
«Margherita Carducci, altezza 1 e 70, ma ho rubato un centimetro... Sono nata a Roma il 5 febbraio 1997, compirò gli anni il giorno della finale: so già che nessuno mi regalerà la vittoria».
Nella musica va di moda il romanesco, ma quando canta non si percepisce...
«Sono legata alla mia città, ma non si sente l’accento perché, studiando teatro per 3 anni, l’ho perso. E poi perché non voglio caratterizzare troppo il personaggio».
Ditonellapiaga è diversa rispetto a Margherita?
«Non è una maschera, non copro la mia identità, ma creo storie e vestiti diversi. Posso mettere un’anima genuina e personale, oppure, come in “Repito”, cantare di un omicidio inventando tutto».
Da dove viene il nome? «Su Instagram cambiavo nome ogni mese, facendo giochi di parole tipo Settespaghetti, Certecertezze. Dopo una battuta di un amico arrivò
Ditonellapiaga. Quando ho cercato un nome per questo progetto mi è sembrato buffo e provocatorio, punzecchia. Spero si adatti allo spirito della mia musica più che al mio modo di essere nella vita».
Nel disco escono due anime: le ballad soul e i brani che guardano all’hip hop...
«Avevo amici al liceo che ascoltavano Sangue Misto e Colle der Fomento, il rap arriva da lì. Però non mi definirei mai una rapper: non aderisco a quello stereotipo: io canto».
Nella sua immagine social evita pose sexy. Una scelta?
«Preferisco essere come “Morphina”, uno dei brani del disco: erotica, ma non volgare. Nella vita sono così, non sono una mangia-uomini. Sul tema dell’utilizzo del corpo credo che ognuno sia libero di fare ciò che vuole, basta che non sia un’imposizione».
Quando è arrivata la musica nella sua vita?
«Ho iniziato a cantare, anche se era più urlare, con gli scout. Poi ho frequentato un liceo linguistico dove era incentivata l’arte. Mi esibivo in jam improvvisate sui banchi».
Cosa ascoltava?
«Da bambina Black Eyed Peas, Gwen Stefani, Britney... Poi Janis Joplin e gli Oasis. Quindi ho avuto un momento nu-soul e jazz con un gruppo di cover, ci chiamavamo Soul Session. Era un ambiente dove si faceva gara a chi ce l’ha più lungo e dove si snobbava il pop. Ho capito dopo che è complicato, la banalità è dietro l’angolo».
Margherita da bambina?
Improvvisazioni Ho iniziato a cantare con gli scout. Poi al liceo mi esibivo in jam improvvisate sui banchi
” I Parioli
Amo e odio il mondo di mia nonna: ai Parioli la vedevo avvolta nel fumo e giocava a burraco
«Mi piaceva fare giochi di ruolo e organizzare spettacoli. Mi travestivo da Mulan: non amavo le principesse che aspettano a letto l’arrivo del principe».
La sua famiglia?
«Figlia unica, papà informatico in banca e allenatore di basket. Anche mamma allena. Si sono conosciuti sul campo. La copertina dell’album con quelle signore ben vestite rappresenta l’amoreodio che ho con il mondo di nonna, quello dei Parioli: andavo a trovarla e la vedevo avvolta nel fumo a giocare a burraco. Nella foto ci sono anche io, vestita come loro quasi a diventare invisibile. Nonna e zia sono le due destra».
Come vede la sua generazione?
«Da un lato abbiamo un problema nel rapporto con la comunicazione, siamo sempre connessi. Per fortuna meno dei giovani che vedo sia fisicamente che emotivamente più distaccati l’uno dall’altro. Dall’altro siamo più consapevoli in temi di diritti civili e sui temi ambientali».
Andrea Laffranchi