Il ritorno Re del
Primo centro della stagione e 20ª vittoria in Coppa del Mondo per il gigante della Val d’Ultimo Paris al 7° sigillo sulla Stelvio Sulla montagna preferita mette in riga gli uomini-jet
BORMIO Il re è tornato, s’è ripreso scettro e trono e ha rimesso in riga i sudditi: Bormio è di nuovo ai piedi di Dominik Paris, l’Highlander della velocità che ha riscritto la storia della discesa. Con il sesto trionfo in libera — ma è il settimo sulla Stelvio perché nel 2018 s’era imposto pure in superG — ha battuto un record che apparteneva a Didier Cuche: l’asso svizzero, ormai ritirato, aveva cinque successi sulla Streif di Kitzbuehel ed era il discesista più vincente su uno stesso tracciato. Ora la leadership è di Paris: «Ma ai numeri e alle statistiche baderò quando sarò in pensione».
Primo Domme, poi Marco Odermatt — leader e nuova stella della Coppa del Mondo — che pareva aver piazzato la zampata vincente dopo aver mandato a cuccia il norvegese Aleksander Aamodt Kilde (alias «mister Shiffrin»), quindi l’inserimento al terzo posto di Niels Hintermann, nel segno di una Svizzera che ha compensato con i podi bassi la delusione della caduta di Beat Feuz.
«Qui è sempre una guerra e dare battaglia mi piace» commenta Paris. Non è il primo successo dopo il grave infortunio del gennaio 2020: Paris in febbraio a Garmisch aveva già ritrovato il podio più alto. È questa vittoria, però, a dare il senso dell’atleta pienamente recuperato, ovvero del gigante che si è ripreso la sua montagna. «L’anno scorso a Bormio ero già andato bene (chiuse quarto a 13 centesimi da Mayer e a 7 dal terzo posto, ndr) ed ero contento. Ma stare davanti a tutti è meglio!». E giù una delle sue risate fragorose.
L’Italia maschile, al primo centro stagionale, sale a 191 primi posti nella Coppa del Mondo. Dominik va invece a quota 20 con 40 podi. Soprattutto, grazie alla giornata opaca di Mayer (dodicesimo), passa in testa alla classifica della disciplina. Gli azzurri sono dunque i re dell’high speed sia al maschile sia al femminile. Domme come Sofia Goggia, che pure in superG indossa il pettorale rosso del primato: «Vuol dire solo una cosa: siamo i migliori» è la sintesi lapidaria dell’omaccione della Val d’Ultimo.
Dominik non ha lasciato a Odermatt il tempo di gioire: è sceso subito dopo di lui ed è stato in ritardo solo dopo lo start. Poi ha macinato intertempi «verdi» e ha chiuso con un margine non enorme (24/100) ma sufficiente per guardare la concorrenza dall’alto. Alberto Tomba s’è intrufolato a gigioneggiare con Paris al leader’s corner, mentre Domme si complimentava con il giovane asso svizzero. Prima la gioia, poi qualche riflessione sulle imperfezioni di una super-giornata: «Nel finale sono abituato a fare la differenza, stavolta non è accaduto e se ho vinto è perché sono andato bene alla Carcentina».
Tutto è bene quel che finisce bene («Sapevo che per vincere avrei dovuto dare tut
to: l’ho fatto»), ma il momento della felicità è anche quello dei passi di piombo. Lo provochiamo prima sul fatto che è tempo di sfatare Wengen, la discesa in arrivo che non ha mai domato («Ma sì, mettetemi pressione», ridacchia), puntiamo poi il canocchiale sui Giochi di Pechino, distanti poco più di un mese, ma Paris non si disunisce: «Il mio futuro? I due superG su questa pista».
Saranno gare importanti anche per Christof Innerhofer. La chiosa di una giornata trionfale, nella quale l’Italia ha avuto anche un buon Marsaglia e un discreto Casse, è infatti velata di tristezza per le paturnie di Inner, trentasettesimo e con il morale sotto i tacchi. «Grazie che continuate ancora a crederci, io vedo crescere i dubbi. È il quarto week end deludente: sono andato malissimo, sarà un miracolo fare meglio nei superG». Lo sciatore che sognava di arrivare fino a MilanoCortina 2026 sta forse meditando il ritiro? Inner non risponde, volta le spalle e se ne va via incupito. Spesso il volto si esprime meglio delle parole.