«Succession», gli avvincenti intrighi di una lotta tra eredi
La terza stagione di «Succession», la serie tv targata HBO, non fa che confermare la bontà delle prime due, se possibile le migliora (Sky Atlantic e Now). Al centro della scena ci sono sempre il patriarca Logan Roy (Brian Cox), l’impresa Waystar Royco, leader nel mondo dei media e delle crociere, e la lotta di successione fra gli eredi, ora che Kendall (Jeremy Strong), vuole impadronirsi dell’impero paterno, gettando fango, anzi mostrando il fango che insudicia molti affari della Waystar Royco.
Proviamo a individuare alcuni motivi che rendono la serie così invogliante (c’è pur sempre la mano di Adam McKay). L’intreccio, innanzi tutto: colpi di scena a ripetizione, la vischiosità dei rapporti famigliari quando di mezzo ci sono i soldi, lo sfoggio di location, scenari mozzafiato sugli studi legali e sul mondo della comunicazione. È come se il mondo dei media fosse ripreso da angolature che ci sono estranee.
La scrittura, ovviamente: dando per scontate la recitazione e la caratterizzazione dei personaggi (a certi livelli, i lussi bisogna metterli in conto), colpiscono ancora l’uso della camera a mano e quell’insistere su primi piani, con zoom improvvisi che cercano di scrutare nevrosi e sbalzi d’umore di esistenze in costante e perenne tensione emotiva. La drammaticità stemperata da una vena di humour, imprevedibilmente: lasciati alle spalle gli aspetti puramente finanziari, sono i rapporti famigliari ad avere il sopravvento, dal momento in cui «l’uccisione del padre» cessa di essere un momento simbolico e diventa uno scontro senza esclusioni di colpi.
L’impianto mélo resiste e prospera (più «Dynasty» che «Dallas») ma ci pensano gli altri eredi Roman (Kieran Culkin), Connor (Alan Ruck) e Shiv (Sarah Snook) a mantenere vivo un controcanto quasi surreale. Sta per arrivare il diluvio e tutti sono convinti di essere imbarcati sull’arca di Noè.