«Un insulto da colonialisti» La statua di Ronaldo divide Goa
Eretta a 60 anni dalla liberazione dai portoghesi. Il ministro: CR7 è un simbolo
Èstato immortalato mentre si accinge a fare uno dei suoi tiri a effetto «knuckleball», quelli capaci di dare alla palla una traiettoria inaspettata. Più prevedibili invece le proteste che ha suscitato il suo «sbarco» in India: una statua in ottone del fuoriclasse portoghese Cristiano Ronaldo è stata inaugurata in un’ex colonia di Lisbona, a Goa, nel 60esimo anno dalla liberazione. Pensata per ispirare i giovani, finora ha soltanto sollevato un’onda di polemiche.
A poco sono servite le parole di un ministro locale, Michael Lobo, che ha presentato la statua a CR7 come simbolo universale del calcio e fonte di ispirazione per le nuove leve. Nel piccolo stato indiano, non toccato dalla colonizzazione britannica, il football è lo sport più popolare, a differenza di quel che accade nel resto del Subcontinente dove la parte del leone la fa il cricket. La speranza, ha spiegato Lobo, è che l’India, con i suoi 1,3 miliardi di abitanti possa un giorno arrivare a competere con le migliori squadre del mondo. «Se vuoi portare il calcio a un altro livello, questo è ciò che i ragazzi e le ragazze non vedono l’ora di fare: selfie, guardare la statua e trovare ispirazione per giocare».
A guastare la cerimonia, martedì nella località turistica di Calangute, le bandiere nere sventolate da manifestanti dell’ultra destra in segno di disapprovazione, riporta il Times of India.
Il monumento
Pesante 410 chili, era pronto da tempo ma il Covid ne aveva rinviato l’inaugurazione
Costata l’equivalente di 14 mila euro, pesante 410 chili, era pronta da tempo, ma per via del Covid l’inaugurazione è stata più volte rinviata fino a coincidere con l’anniversario tondo della decolonizzazione. «Erigere la statua di un portoghese quest’anno è un sacrilegio. Un insulto a quanti hanno combattuto per la libertà a Goa» ha tuonato Guru Shirodkar, un attivista ultras. E un altro, sempre sfogandosi con i media locali: «Siamo molto delusi, dobbiamo imparare a essere orgogliosi delle nostre icone, come Samir Naik e Bruno Coutinho», due ex stelle del firmamento calcistico del Paese. Anche oggi nella nazionale indiana ci sono diversi giocatori di Goa. Del resto la società cittadina, il Dempo Sports Club, è tra le più forti, con all’attivo cinque scudetti.
Non sarebbe abbastanza nazionalista Lobo, un cristiano arruolato da qualche anno nel Bjp, il partito nazionalista indù al governo a Delhi, quello del premier Narendra Modi. «Sono poche le persone che si oppongono alla statua. Sembra che odino il calcio. Ma il calcio è di tutti. Non si divide per religione o per caste, ma loro oppongono bandiere nere. Le loro menti sono nere. Non si può discutere con le persone che hanno una mente nera».
L’incidente diplomatico racconta molto del presente e del passato del più piccolo stato indiano, paradiso degli hippy fino agli anni 70 e poi trasformato in una sorta di Costa Brava del Subcontinente con masse di turisti della middle class indiana al posto dei fricchettoni (in questi giorni è stato anche rinviato il coprifuoco per Covid a dopo le feste per non rovinare la stagione).
Goa è impregnata di cultura europea: è lo stato più occidentale dell’India. Anche per via della politica dei matrimoni misti dei colonizzatori portoghesi. Il sangue lusitano si è mescolato nei secoli con quello locale, dando vita a un popolo ibrido sui generis, che mal si inquadra nell’hindutva, l’ideologia nazionalista dei suprematisti indù che ispira anche il partito al potere a Delhi. Resta il fatto che oggi molti goani hanno nomi iberici e tifano Ronaldo.