La guerra del pallone
Infantino propone ritmi più frenetici, Ceferin si oppone: economia e politica sovrastano lo sport Fifa e Uefa entrambe con base in Svizzera si contendono potere e finanze del calcio Al centro il Mondiale da giocare ogni 2 anni Sui giocatori contrari la pr
Economia e potere vanno a braccetto, di norma chi ha più soldi finisce per avere più potere. La guerra del pallone tra Fifa e Uefa è eterna, si è inasprita negli ultimi anni, con un breve armistizio di comodo per far naufragare (per ora) la Superlega. Il Mondiale biennale è l’ultimo scontro tra titani del calcio, della politica e dell’economia mondiale. «Se non vogliamo perdere i giovani dobbiamo fare qualcosa per attrarli: non c’è nulla di così eccitante come una Coppa del Mondo ogni due anni», sostiene il presidente della Fifa, Gianni Infantino. «Il Mondiale biennale è un errore», firmato Aleksander Ceferin, numero uno dell’Uefa. Non è strano che la guerra, di potere e soldi, sia divampata dalla neutrale Svizzera, dove le due federazioni più potenti al mondo hanno sede: a Zurigo la Fifa, a Nyon la Uefa.
Allo scoperto si combatte a colpi di sondaggi, tutti commissionati ad hoc e ammantati sotto la dicitura «indipendenti». Quello condotto dalla Fifa sostiene che il 64% dei centomila intervistati è favorevole e che i ricavi crescerebbero di 4,4 miliardi. A detta dell’Uefa i ricavi per le federazioni nazionali europee potrebbero diminuire tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro su un ciclo di quattro anni. Non è una questione di soldi? Lo è. Follow the money è il mantra.
Seguendo i soldi passano in secondo piano le questioni legate ai calendari compressi e usuranti, alle finestre per le
Nazionali che la Fifa vuole ridurre, compattando le gare in due slot: ottobre e giugno. Per la stella del Psg, Kylian Mbappé, «il Mondiale ogni due anni sarebbe troppo, i calciatori devono risposare». Vero, ma prima vogliono guadagnare. Per Arsène Wenger, ex allenatore dell’Arsenal, attuale capo dello sviluppo globale della Fifa e promotore della riforma, «l’opposizione non ha argomenti validi». Qualcuno sì, i soldi e i giocatori più forti.
La guerra economica si è trasformata in politica. La Fifa sovrintende al calcio mondiale, 210 le federazioni totali. I numeri per approvare il Mon
diale biennale Infantino li avrebbe con l’appoggio di Africa, Asia, Nord America, le cui federazioni sono sorrette dai contributi Fifa. Un’eventuale votazione finirebbe con 145 favorevoli e 65 contrari (Europa e Sud America). Ma i voti si pesano, non si contano. Dal punto di vista dei diritti di voto uno vale uno, però il problema di fondo è il fatturato.
Ceferin ha giocato l’asso. Ha tirato dalla sua parte Alejandro Dominguez, il presidente della Conmebol, la confederazione sudamericana, fino a due anni fa sodale di Infantino. Sei giorni prima del global summit della Fifa del 20 dicembre, Uefa e Conmebol hanno annunciato di voler riformare la Nations League che dal 2024 coinvolgerà nazionali europee e Sudamericane. Un altro schiaffo a Infantino, oltre alla minaccia di giocare il Mondiale solo ogni quattro anni per preservare Europei e Coppa
America. La Coppa del Mondo non esiste senza le Nazionali più forti. Osteggiano il progetto anche Cio e Unione europea.
È una guerra di posizione tra Infantino e Ceferin. Il presidente della Fifa avrebbe voluto approvare il progetto lo scorso 20 dicembre, ha desistito per ora e non lo porterà al voto neanche il 31 marzo nel congresso di Doha. Ceferin deve stare attento a cantare vittoria, ma ha i soldi: la Uefa in un anno ha ricavi per circa 6 miliardi, quel che la Fifa raccoglie in un quadriennio. Infantino però è tessitore abile. Dalla sua ha gli arabi, decisi a inondare il calcio di dollari, unico movente per giocatori e procuratori. La condizione dei sauditi è una: farlo uscire dai confini tradizionali e portarlo sui nuovi mercati, con la Coppa del Mondo biennale o con una Superlega planetaria mascherata da Mondiale per Club. L’importante è giocare e, soprattutto, incassare.